DOPO LA TEMPESTA

Pronti 400 mila baby-alberi per le foreste delle Dolomiti

Viaggio nei vivai della Magnifica Comunità di Fiemme per scoprire come si coltivano i piccoli abeti e larici


Andrea Selva


TRENTO. Fa impressione quanto sia indifeso un abete di due anni: basta qualche erbaccia per soffocarlo, figuriamoci che succede se da quelle parti passa un branco di cervi affamati. «Ecco perché bisogna dare una mano alle foreste in questo momento in cui sono in difficoltà» racconta Ilario Cavada, tecnico forestale della Magnifica Comunità di Fiemme, in prima linea nella progettazione delle nuove foreste delle Dolomiti. Per avere un’idea precisa di cosa significhi “dare una mano” può essere utile un numero: nei due vivai della Magnifica (il primo in piena attività, il secondo riaperto proprio in seguito alla tempesta Vaia) stanno crescendo circa 400 mila nuovi alberi. Il Trentino ha seguito passo passo questa attività (dal marzo scorso fino ad oggi) per scoprire tutti i segreti delle baby-conifere.

Il vivaio storico di Solaiolo

Per raggiungere il vivaio storico della Magnifica comunità di Fiemme bisogna salire la strada che da passo San Lugano porta verso Solaiolo. Ad un certo punto si devia sulla destra e dopo alcune centinaia di metri si raggiunge un pianoro recintato che potrebbe essere un grande campo da calcio, se non fosse che al posto dell’erba ci sono migliaia e migliaia di alberelli. Cavada - assieme alla vivaista Elisabetta Zanetti - ci guida tra i vari settori della struttura. E per spiegare meglio i suoi concetti prende a prestito i termini che si usano per i bambini: «Lì c’è la nursery» spiega, indicando un filare in cui dal terreno spuntano i germogli dei semi appena piantati. «E lì invece c’è l’asilo nido» aggiunge indicando piantine più cresciute che sono verdissime e delicatissime. «Quando i piccoli abeti, ma anche i larici, hanno un paio d’anni, arriva il momento di trapiantarli in un altro settore del vivaio, dove hanno più spazio e aria per crescere» aggiunge ancora il tecnico. È a quel punto che entra in gioco una squadra di una decina di persone che - con un’apparecchiatura studiata ad hoc - mettono a dimora le nuove piantine con la stessa cura (maniacale) che userebbe il giardiniere di un palazzo reale.

Ilario Cavada, tecnico forestale della Magnifica Comunità di Fiemme

Quattro anni

Si fa presto a dire “la foresta ricresce”, ma servono quattro anni per avere piantine pronte per essere piantate sui versanti ripuliti dagli alberi schiantati, con la garanzia che crescano a dovere: «In questi quattro anni gli alberi vengono seguiti praticamente ogni giorno nel periodo che va dalla primavera all’autunno» spiega ancora Cavada. Fosse per lui - da buon “padre di famiglia” - attenderebbe anche cinque anni prima di affidare gli alberelli alle foreste, ma non è il momento di tirarla per le lunghe: «Ci sono enormi versanti scoperti e l’obiettivo è quello di piantumarli prima che l’erosione cambi il nostro territorio. Così i tempi sono molto più veloci rispetto a quella che sarebbe la rinnovazione naturale delle foreste».

La messa a dimora di un piccolo abete

Il vivaio Lagorai

C’è un vivaio nei pressi di Lago di Tesero che ha prodotto nei decenni scorsi migliaia e migliaia di abeti rossi che ora popolano le foreste trentine. Ma in tempi più recenti il vivaio forestale Lagorai (così si chiama) era stato abbandonato, finché in gennaio è stato acquistato dalla Magnifica Comunità di Fiemme che l’ha già rimesso in attività, seminando centinaia di migliaia di nuove piante (per lo più larici e abeti) che serviranno a ripopolare le foreste. «La stima dei nuovi alberi che stanno crescendo nei nostri vivai è di circa 400 mila. Naturalmente non saranno tutti pronti nello stesso momento, ma già prima di Vaia avevamo un buon numero di alberi tanto che in alcune zone dove i boscaioli hanno terminato il loro lavoro è già partita la piantumazione» aggiunge Cavada. Un lavoro che darà frutti nei prossimi decenni e che sarà giudicato dai nostri figli e nipoti.

Il vivaio di Solaiolo













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