Ricordi di soldati caduti e dispersi nati sulle rive del lago
CALDONAZZO. La storia poco nota dei soldati di Calceranica e Caldonazzo vittime nella Grande Guerra ha appassionato Nirvana Martinelli, autrice di diversi testi storici, per anni. Questa sera il suo...
CALDONAZZO. La storia poco nota dei soldati di Calceranica e Caldonazzo vittime nella Grande Guerra ha appassionato Nirvana Martinelli, autrice di diversi testi storici, per anni. Questa sera il suo lavoro fra archivi e memorie familiari, raccolto nel libro “Soldati di Calceranica e Caldonazzo: i caduti e i dispersi” sarà presentato a Casa Boghi oggi alle 20.30. «I soldati sono stati vittime come i civili, è giusto considerare le loro sofferenze, considerarli come persone non come nemici o schierati», spiega l’autrice. Il libro ricostruisce le storie dei caduti e dispersi, con un corposo lavoro in archivio storico comunale di entrambi i paesi, e in altri archivi, ed anche grazie a contributi di memorie familiari. Vi si leggono ad esempio le lettere della famiglia del soldato Gioacchino Pasqualini, morto in guerra a soli 19 anni. Sono state raccolte le pagine del diario di Francesco Tecilla, che narrava le vicende durante la lunga ferma dei tre anni. Questo è solo il secondo diario di un soldato stampato in Trentino. Il libro riporta anche le memorie dell’ex prigioniero di guerra Eugenio Tias, che per lunghissimi sette anni fu recluso in Russia, venduto come schiavo della gleba. Fra l’altro nel suo lavoro di ricerca, l’autrice ha scoperto che il monumento ai caduti della Grande Guerra eretto a Calceranica, fu progettato dal grande Ettore Sottsass, i cui disegni sono conservati al Mart di Rovereto. Il libro e il lavoro di Martinelli ricordano anche l’importanza degli archivi storici. «Oggi ci sono fondi insufficienti per trasferire i documenti nelle sezioni storiche degli archivi - spiega l’autrice - È importante l’accessibilità agli archivi, quanto la serietà con la quale i dilettanti devono usare le fonti. Le comunità stanno perdendo la loro memoria storica: dobbiamo evitarlo».