A Castelfondo un modello della filiera corta del letame 

La soluzione più efficace. Dopo un avvio stentato, l’impianto dal 2015 tratta un terzo dello stallatico prodotto dagli allevamenti del paese. In Alta Anaunia sempre più sostenibile la convivenza tra zootecnica, turismo e frutticoltura


Giacomo Eccher


Castelfondo. Biogas a Romeno e impianto pilota per la maturazione accelerata del letame a Castelfondo: continua ed accelera in Alta Anaunia lo sforzo per la convivenza sostenibile di due tradizionali attività di montagna, la zootecnia e il turismo, in una filiera che comprenda anche la principale attività economica della valle, la frutticoltura, fornendo concime naturale e di qualità.

Dell’impianto a biogas di Romeno abbiamo già parlato, adesso ci occupiamo di Castelfondo, dove c’è un impianto che a quasi vent’anni dall’avvio solo nell’ultimo quinquennio ha preso la strada giusta diventando un esempio di funzionalità per il resto delle valli del Trentino.

La concimazione organica a base di letame bovino maturo è stata sempre oggetto di attenzione e di ricerca teorica e pratica da parte degli esperti dell’Istituto Agrario di S. Michele all’Adige. A partire dagli anni ’70 hanno dato il loro apporto in ordine di tempo Giovanni de Stanchina, Gianni Zorzi, Silvia Silvestri e Andrea Cristoforetti. Si deve in particolare a quest’ultimo e ai componenti dell’Unità risorse ambientali, energetiche e zootecniche la messa a punto a partire dal 2013 di un rigoroso metodo di maturazione del letame bovino. «La trasformazione ad opera di batteri è provocata ed incentivata da frequenti rivoltamenti dell’andana tenuta all’aperto utilizzando una speciale macchina rivoltatrice, e questo si può ottenere anche a cielo aperto e con un investimento relativamente contenuto ma che dà enormi vantaggi in termini di qualità del prodotto finale» - spiega Cristoforetti.

Una sperimentazione che a Castelfondo ha trovato applicazione nella struttura coperta (in pratica un mega capannone) realizzato nel 2000 per iniziativa dell’allora sindaco Bruno Ianes ed affidato in autogestione agli allevatori del paese. L’impianto per la verità non era mai entrato completamente in funzione per vari motivi sia di carattere normativo sia per i costi di gestione in rapporto all’utilità e, non ultimo, per la tipologia di prodotto che non trovava sbocchi adeguati di mercato.

Nel 2015 la svolta per iniziativa dell’allora assessore all’ambiente della Comunità di Valle, Rolando Valentini che nell’ambito del progetto di “Valorizzazione delle risorse naturali” del protocollo di certificazione Emas in collaborazione con il Comune e la FEM ha cercato una soluzione più efficace ed economicamente sostenibile con la tecnica della maturazione accelerata.

«In questo modo è stato possibile riavviarlo in modo stabile e oggi come oggi si riesce a trattare un terzo del letame prodotto dagli allevamenti del nostro paese che attualmente ha un carico di 600 UBA (Unità Bovino Adulto”) - spiega l’ex sindaco Oscar Piazzi. Attualmente la gestione dell’impianto, in forma cooperativa, è in carico all’allevatore Paolo Paternoster che si è aggiudicato l’appalto bandito a suo tempo dall’amministrazione comunale. Tutto dipende infatti dal rimescolamento periodico del letame accumulato al coperto (anche con un semplice telo) in modo da accelerarne la maturazione e quindi la possibilità di utilizzo come fertilizzante naturale.













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