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Dalpalù furioso contro la Coop: «C’è un contratto»

CAVEDINE. Avanza l’ipotesi che “si rischi di sfociare in un contenzioso giudiziario”. L’accusa è di non aver rispettato il contratto e di avere un debito di oltre 500 mila euro. Il presidente del...



CAVEDINE. Avanza l’ipotesi che “si rischi di sfociare in un contenzioso giudiziario”. L’accusa è di non aver rispettato il contratto e di avere un debito di oltre 500 mila euro. Il presidente del Sait, Renato Dalpalù, ci va giù pesante con la Famiglia Cooperativa Valle di Cavedine che se ne sarebbe andata dal Consorzio a dicembre (a dire il vero lo scorso anno non è stata la sola) per abbracciare Dao (la cooperativa di dettaglianti alimentari che ha più di 280 punti vendita tra Trentino Alto Adige, le province di Verona, Vicenza, Brescia e Bergamo). Il condizionale è d’obbligo visto che, in una nota, Dalpalù sottolinea che “il Sait, dopo ampia corrispondenza, rimasta parzialmente inevasa, ha comunicato, a fine novembre, di non poter accogliere la domanda di recesso e, quindi, la Famiglia Valle di Cavedine risulta ancora sua socia (del Sait, ndr)”. Perché, tra l’altro, puntualizza Dalpalù “il Sait non ha mai revocato il prestito partecipativo concesso alla cooperativa. E’ stata questa, due mesi fa, a decretare l’espulsione del Consorzio dalla compagine sociale. La Cooperativa ha cioè trattenuto il finanziamento del Sait (44 mila 800 euro) finché le è servito. Poi, trovato un insperato “benefattore” (Dao, ndr) - un consorzio di imprenditori privati al dettaglio i quali, approfittando delle difficoltà di singole Famiglie Cooperative, le inducono a cambiare bandiera – ha messo il Sait alla porta nonostante l’esplicito impegno contrattuale a rimanere socia fino all’integrale rimborso del prestito. E ignorando anche i debiti di fornitura verso lo stesso, pari a oltre 500mila euro”. Detto questo, Dalpalù commenta: “Ciò rischia di sfociare in un contenzioso giudiziario. D’altra parte, per equità, il Sait non potrà accettare il mancato rispetto delle norme statutarie e degli accordi sottoscritti anche dalla stessa Cooperativa in tema di recesso, di finanziamenti e di forniture”. Il presidente affonda ancora, prende di mira una supposta “malagestione”. “La Famiglia Valle di Cavedine - scrive - ha praticato ai propri soci e clienti prezzi superiori a quelli consigliati dal Consorzio. E ciò per un’endemica eccedenza di costi gestionali rispetto sia alla media provinciale sia alla media delle cooperative di dimensioni simili”. Dalpalù poi alza il tiro sulla “cosiddetta crisi del Sait”, complessiva. E si chiede “se questa “crisi” non sia in parte da ricondurre al comportamento di alcune Famiglie Cooperative che scelgono di abbandonare la “casa comune” piuttosto che impegnarsi dall’interno a modificarne i comportamenti eventualmente inadeguati. Se c’è qualcosa che non va, il proprietario, e la Valle di Cavedine lo è, si impegna a cambiare le cose, compresi gli amministratori, ma non se ne va. Per alcuni soci Sait il concetto solidale di “casa comune” vale ben poco di fronte al tintinnìo di generosi finanziamenti di terzi che chiedono di aprire le porte all’invasione del loro marchio a danno di Coop. Complimenti”. (pa.pi.)













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