Tradizioni

Castagne trentine: dall’abbandono al ritorno importante

Nella nostra provincia i castagneti recuperati e parzialmente ripiantati sono circa 240 ettari e la produzione è stimata in 10 quintali ad ettaro


Carlo Bridi


TRENTO. Siamo ormai verso la conclusione del raccolto delle castagne in Trentino, il frutto autunnale per antonomasia, che nei secoli passati ha avuto un ruolo molto importante nell’alimentazione delle popolazioni delle nostre valli dove i castagneti erano stati piantati e coltivati.

Dopo qualche decennio in cui i castagneti erano stati abbandonati, grazie all’impegno della cooperativa castanicoltori del Trentino, con il supporto tecnico della Fondazione Mach e il contributo della Provincia molti di questi castagneti sono stati recuperati, anche se ne abbiamo ancora molti che potrebbero essere recuperati alla produzione, afferma il presidente della cooperativa castanicoltori del Trentino Alto Adige Luigino Leonardi.

Un presidente il Leonardi, in quanto abitante a Trento seppur con il proprio castagneto di 7000 metri quadrati a Nago che ha recuperato e che ora è in piena produzione e da belle soddisfazioni anche dal punto di vista economico. Essendo il Leonardi della città capoluogo ha permesso alla cooperativa di avere una presidenza fuori dai campanili e pertanto impegnato in difesa dei produttori di tutte le valli, dalla Valsugana, all’Alto Garda, dalla Valle del Chiese alla valle di Cembra. Complessivamente informa Leonardi, i castagneti recuperati e parzialmente ripiantati, sono circa 240 ettari e la produzione è stimata in 10 quintali ad ettaro. Ma buona parte viene consumata dalle famiglie dei produttori e degli amici, quelle che arrivano sul mercato son una parte modesta. L’importanza del castagneto anche dal punto di vista paesaggistico ha portato la Provincia ed emanare nei giorni scorsi un bando che prevede l’aiuto al recupero di vecchi castagneti abbandonati. Ma c’è anche l’impegno a produrre tramite diversi vivai in regione, nuove piante del marone trentino che non ha nulla che vedere con il i prodotti ibridi sul mercato belli all’occhio ma deludenti dal punto di vista gustativo afferma Leonardi. Per questo i consumatori devono chiedere sempre i maroni trentini classici.

Purtroppo è una pianta molto sensibile alle condizioni metereologiche ad esempio in Valsugana quest’anno c’è una produzione modesta a causa delle condizioni meteo durante la fioritura e dell’eccessivo caldo estivo, in compenso in Alto Garda, da Drena a Nago agli altri comuni della comunità la produzione è ottima sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Buona anche in Valle del Chiese e in Valle di Cembra, in Vallagarina e in Rendena. Unico problema riscontrato è il fatto che sono state raccolte con un clima molto caldo fino a pochi giorni fa precisa il presidente, quindi ci sarà qualche problema nella conservazione. Il consiglio è quello di consumarle in fretta e conservarle in frigo.

I prezzi vanno dai 6 ai 10 euro a kg in base alla pezzatura, e la cooperativa si avvale di ditte specializzate di fuori provincia per produrre anche molti prodotti trasformati con il marchio della stessa con le castagne: Maroni canditi grappa, Maroni canditi Gewurztraminer, Maroni canditi Nosiola, Maroni canditi sciroppo, Crema maroni vaniglia, Crema maroni cacao, Birra Castanea.

Chiediamo a Leonardi se vi sono problemi sanitari, questa la risposta: «In passato avevamo il problema della cinipide, che grazie all’importante impegno della Fondazione Mach è stato completamente eradicato». E i nuovi impianti? «Da una nuova pianta di maroni bisogna aspettare sei anni per raccogliere il primo kg di castagne quindi secondo il vecchio detto: chi ti pianta non ti gode».













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