Ceniga, sotto sequestro impianto di recupero rifiuti
Da un controllo dei carabinieri del Noe e della Compagnia di Riva sono emerse difformità su di un carico proveniente da Caserta. Il materiale non è pericoloso
DRO. I carabinieri del Noe (nucleo operativo ecologico) di Trento, assieme ai militari della Compagnia di Riva, hanno sequestrato un impianto di recupero di rifiuti non pericolosi presente nella zona industriale di Ceniga di Dro. Tutto è nato da un controllo stradale di routine da parte dei carabinieri rivani: dopo aver rilevato alcune difformità tra quanto riportato nei documenti che accompagnavano un trasporto di rifiuti proveniente dal casertano e i rifiuti stessi (per esempio, c’era scritto plastica, ma sono stati subito visti dei materassi), i militari hanno richiesto l’intervento dei colleghi del Noe.
Secondo quanto riferito dal nucleo operativo ecologico di Trento, la struttura, che da pochi giorni era stata ceduta in locazione ad una ditta di Como, al momento della verifica sarebbe risultata sprovvista delle autorizzazioni ambientali necessarie per l’attività, complice forse il fatto che probabilmente è ancora in corso la voltura tra le due aziende. I nuovi titolari dell’impianto, oltre a non essere stati in grado di fornire le certificazioni per la gestione dell’impianto, non sono neppure riusciti a produrre la documentazione attestante la provenienza e la composizione dei circa 220 metri cubi di rifiuti presenti all’interno del capannone.
«Si tratta – spiega il luogotenente Renato Ianniello, comandante del Noe di Trento – di una miscellanea di rifiuti non omogenei, tra cui rifiuti plastici e rifiuti urbani, la cui consistenza e la cui composizione sono ancora tutte da verificare. Al momento del controllo mancava qualunque comunicazione ambientale, quindi formulari (documenti di trasporto), registri di carico e scarico e certificati di analisi, anche se a prima vista non paiono esserci materiali pericolosi. Il grosso problema è che non sappiamo da dove provengano quei rifiuti».
Le contestazioni riguardano solo la ditta subentrante: «Teoricamente la ditta, una volta autorizzata, avrebbe dovuto procedere alla separazione dei rifiuti e al recupero di eventuali materiali specifici come legno e plastica, però non c’era alcuna strumentazione all’interno della struttura che facesse capire cosa effettivamente sarebbe stato fatto con quei rifiuti. Dovremo verificare – conclude Ianniello – tutti questi aspetti». Nel frattempo l’intero impianto e i rifiuti sono stati sottoposti a sequestro, un provvedimento necessario per consentire all’autorità giudiziaria competente, quella di Rovereto, di svolgere – appunto – tutti gli accertamenti del caso.