Storia di Josh, che ha fatto il ritratto a tutta la scuola
All'Istituto "de Medici" di Bolzano una mostra straordinaria. E' di Josh, uno studente autistico di 16 anni, che ha fatto il ritratto a tutta la scuola: compagni, insegnanti, impiegate e bidelli. Un talento, il disegno, che gli ha fatto rompere il muro dell'isolamento dell'autismo
BOLZANO. C’è il prof di matematica con la barba di tre giorni. L’assistente Dalida con i capelli biondi lunghi sulle spalle. La preside Gabriella con la sciarpa... Ha fatto il ritratto a tutta la scuola, Josh. Insegnanti, bidelli, impiegate, compagni di classe, preside e vicepreside. Ha 16 anni, ne fa 17 a luglio. È un ragazzone alto 1 metro e 90 e ben piantato. Gli piacciono Batman e l’Uomo Ragno. Gli piace saltare come una molla nel corridoio durante la pausa. Su e giù. Può farlo anche per ore. Ma una cosa gli piace più di tutte: disegnare. Matite e pennarelli sono il suo modo di parlare. Perché lui, di parole, non ne dice molte. Anzi, quasi nessuna.
Josh è autistico. Vive in un mondo che raramente s’incrocia col nostro. Difficile farlo affacciare su quella che consideriamo la realtà. Quasi impossibile riuscire ad entrare nella sua. Eppure, all'Istituto de’ Medici di via San Quirino, qualcosa è successo. Il silenzio si è rotto.
Cristiana Tiozzo è la collaboratrice all’integrazione scolastica che lo segue da tre anni. «Ho notato da subito che aveva un talento naturale per il disegno. Bastava mettergli in mano fogli e colori, e lui partiva a razzo». L’idea è venuta a ruota: usare questa dote come una leva per mettere Josh in contatto con le persone che lo circondano. Un mondo che, in apparenza, lo lascia indifferente.
Il primo anno ha fatto il ritratto ai compagni. «Non ho dovuto insistere. Il risultato è stato sorprendente», racconta Cristiana. Disegni bellissimi. Con quel suo stile pop, un po’ naif, con quei colori così carichi, lui spezza l’isolamento. I compagni dicono che li vede dentro, che legge loro l’anima. «Si riconoscono. E hanno iniziato a guardarlo in modo diverso. Ora lo considerano un amico. Speciale, certo, a cui puoi chiedere solo alcune cose, ma un amico». Un piccolo miracolo. Non è facile l’inserimento di questi ragazzi così fragili ma anche così forti fisicamente e testardi. Fuori Josh è un uomo, dentro un bambino. Non sempre i coetanei capiscono e lo accettano.
Il secondo anno ha fatto il ritratto a tutti i suoi insegnanti e alle assistenti all’integrazione scolastica. Il terzo alla preside, alle segreterie, ai bidelli. Tutta la scuola si è messa in posa per lui. «Tutti - racconta l’insegnante di sostegno Luana Guagenti -hanno capito che stava accadendo qualcosa di davvero straordinario».
Ci impiega tre minuti a finire un ritratto. Funziona così: prende carta e matite, ti guarda e, bang, in 180 secondi è fatto e finito. Con la “cornice” colorata intorno. «Come faccia è un mistero - dice Guagenti -. Come diceva Einstein, ognuno di noi ha un talento. Si tratta solo di trovarlo. Beh, il suo sappiamo qual è». Josh l’abbraccia. Abbraccia Cristiana che ha scoperto il suo dono. Abbraccia la preside e il prof di matematica. È fierissimo della sua mostra. I disegni sono esposti nel corridoio al primo piano. Basta chiedere al custode e si può entrare a vederli. Il titolo è «Indovina chi?». Rispondere non è difficile, la somiglianza è “sputata”. Basta guardarsi intorno e collegare il volto al disegno. «A colpire è l’espressione. È incredibile, coglie le sfumature di ognuno di noi», dice la dirigente Gabriella Kustatscher.
Una boccata d’aria pura alla fine di un anno molto difficile per il “de’ Medici”. La brutale aggressione ai danni di una studentessa lo scorso febbraio è una ferita che brucia ancora. «È stata dura - dicono i docenti -. Ma è il rischio che si corre quando una scuola decide di includere e non escludere. Di dare una chance a tutti. Sappiamo che possono accadere anche cose brutte...».
Brutte ma anche bellissime. Sul muro c’è un cartello. È della sua classe, la Terza E: «Caro Josh - si legge - , siamo contenti dei traguardi che hai raggiunto, sei migliorato un sacco, soprattutto con noi. Condividere più tempo con te ci ha fatto capire chi sei. Ti auguriamo il meglio, sei speciale per noi, ti vogliamo bene».
E qual è, se non questo, il senso di una scuola?