la storia

Nei palazzi dimenticati, tra i poveri che vivono con il cibo che buttiamo 

Una serata con i volontari della San Vincenzo di Bolzano che tutti i giorni consegnano casa per casa alimentari e generi di prima necessità raccolti dai “Cacciatori di briciole” in supermercati, panifici e bar. Madri sole, pensionati con la minima, e tutti quelli a cui “la vita ha detto male”


Luca Fregona


Bolzano. La casa è tutta qui. Un tavolo, una tv 32 pollici ferma su Rete4. Un comodino. Un letto. Un divano letto. Un frigorifero. I disegni dei bambini sulla parete. La lavatrice, il fasciatoio, i pannolini. Stop. Anna ha 35 anni e quattro figli, quattro bimbi. Il più piccolo ha un anno e le sta appeso al collo. La più grande ne ha sette e sta attaccata al televisore. Gli altri due, un maschio di 2 e una femmina di 4, giocano sul pavimento.

«A parte loro, sono sola al mondo», dice. Il marito l’ha lasciata dopo l’ultima gravidanza. Anna non ha davvero nessuno. Suo padre se ne è andato quando lei aveva due anni. La madre, alcolizzata, è in un ospizio. È cresciuta in un valle sperduta dell’Alto Adige. Ha fatto l’Alberghiero, poi la cameriera per 15 anni. Parla 4 lingue. Oggi vive in questo appartamento spoglio che le ha dato l’Ipes, immerso tra i palazzoni di Don Bosco. Non può lavorare perché deve stare dietro ai bambini.

«Se lavoro, devo metterne due al nido. Chi mi dà 600 euro al mese per la retta? Non ce la faccio, li cresco io». L’ex marito non le passa niente. Con il minimo vitale e gli assegni familiari arriva a 700 al mese. «Ci pago l’affitto e poco altro». E poi i debiti che portano debiti. «L’ultimo mese il mimino vitale l’ho girato direttamente all’Ipes. Ero rimasta indietro». Per vivere, per non morire di fame, ha bisogno della “cassetta” che le porta a casa la “San Vincenzo” italiana. Roberto Argnani sale da Anna, al quinto piano, ogni tre giorni. È un volontario. Ha 72 anni portati da dio. Una vita passata a tenere in piedi cooperative sociali. Ogni sera, da lunedì a sabato, fa il giro dei quartieri con quello che gli consegnano i “Cacciatori di briciole” dopo aver raccolto gli scarti in supermercati, ristoranti, panifici e bar. Alimentari in scadenza: pane, yogurt, latte, pasta fresca, biscotti, uova, frutta e verdura. Ma anche pannolini, shampoo, sapone, detersivi. E se qualcuno gliele chiede, Roberto ci mette pure le sigarette. Ma quelle le paga lui.

Pensioni minime e mamme sole

In queste case sono in tanti a non farcela. Pensioni minime da “pane e acqua”, mamme abbandonate con figli a carico, padri sul lastrico. Disoccupati, emarginati, gente finita in miseria senza sapere perché, e altri che se la sono cercata. Quasi tutti “italiani”, pochi stranieri. Un campionario di ogni tipo di disagio (sociale, economico, psichico), condito da tensioni razziali, bestemmie e rimpianti. «Gli anziani sono quelli che si vergognano di più - dice Argnani -. A volte ci tocca insistere perché accettino il nostro aiuto. Per loro venire ai centri di distribuzione delle parrocchie è una sofferenza». Per questo Argnani preferisce andare di casa in casa con le cassette del cibo. I “pacchi” come li chiama lui. Lo fa da 5 anni. Da quando ha incontrato Roberto Santimaria, l’instancabile presidente della San Vincenzo Italiana. «Glielo dovevo - racconta - . Vedi, quando ho avuto bisogno, lui mi ha aiutato, e io adesso ricambio. Ho cominciato piano. Prima un giorno alla settimana, poi due. Poi, dopo un po’, gli ho detto, “Robi, ci penso io a fare il giro, che te c’hai già tanti casini”». Risultato: oggi è un volontario 7 su 7, h24. sei sere in settimana a portare la “spesa” con la sua citroen c4. Di giorno alla parrocchia don bosco a distribuire i “pacchi” a chi è in grado di andarseli a prendere da solo. E poi in strada con Santimaria a recuperare materassi, vestiti, armadi, frigoriferi, lavatrici. Tutto quello che i bolzanini buttano, ma che funziona ancora. E che altri bolzanini, a cui la vita ha detto male, riutilizzano. E' la filiera silenziosa della solidarietà.

Tra Madre Teresa e CasaPound

Questa sera, giovedì, ci sono 14 “pacchi” per 14 famiglie nella C4 di Argnani. Il giro parte da qui, dalla casa vuota di Anna. Lei non smette di ringraziare. «Non mi vergogno a dirlo: ho bussato a tutte le porte. Quando hai quattro bambini da sfamare, la dignità te la metti sotto i piedi. Se riesco a tirare avanti è solo per Roberto e CasaPound». Argnani alza gli occhi al cielo. «Purtroppo- annuisce - , la sinistra nelle periferie è sparita. Ci siamo solo noi e quelli là». Quelli là, i fascisti del terzo millennio. il consigliere di quartiere michael sini ha organizzato una cena di solidarietà per comprarle i pannolini. Di quella sinistra che, per dirla con Jovanotti, Va da madre teresa a Che Guevera, tra questi palazzi è rimasta solo Madre Teresa. il volontariato cattolico. «i miei figli consumano tre litri di latte al giorno - continua Anna -. L’ultimo cartone me l’ha dato la San Vincenzo. Roberto mi fa spesso lui la spesa». Di tasca sua, intende. «Sono dei santi», dice.

I tatuaggi di Marco.

Ci spostiamo un isolato più in là. Marco scende in strada per pudore. Non vuole che nel palazzo lo vedano prendere la “cassetta dei poveri”. «Il giro lo faccio la sera - dice Argnani - perché è più discreto». Il buio protegge. «Quando sei senza soldi, la disperazione si mescola alla vergogna. Ti toglie il fiato». Marco ha 40 anni e tre bambini piccoli. I tatuaggi sugli avambracci raccontano tutto. Sono vecchi e grossolani. Non quella roba da fighetti che oggi la gente ostenta all’apericena persino dietro le orecchie. Da 15 anni si è ripulito. Lavora sodo come operaio per una coop. Uno di quei mestieri che nessuno vuole più fare. Venti ore alla settimana. Paga dignitosa ma non sufficiente per campare la famiglia. «Viviamo al minimo - racconta -: niente sfizi, niente vacanze, neanche una pizza o un cinema. Attenti ai 10 centesimi. Per fortuna ho l’alloggio Ipes e gli assegni familiari. E poi...».

Poi c’è la San Vincenzo. Argnani gli allunga la cassetta due volte in settimana. «Quando ero messo molto male, mi hanno pagato pure le bollette. Non so come avrei fatto». Argnani lo abbraccia. Gli vuole un bene dell’anima. «Questo ragazzo - dice - si fa un culo così, merita di più. Non c’è una volta una, che se ne sia approfittato. Se ci chiede una cosa, sappiamo che ne ha bisogno davvero». Sì, perché i furbi ci sono, eccome. Argnani ha il radar. Un fiuto rodato da esperienza, menzogne, furti e delusioni. «Quando scendi negli abissi c’è sempre qualcuno che prova a fregarti. Aiutiamo anche loro, per carità, ma almeno sanno che non siamo fessi».

Aisha , povera all’improvviso

Ci spostiamo verso via Resia. Ad Aisha piacciono i dolci. Roberto lo sa e nel pacco ha infilato una torta alle fragole di Zanolini. Anche le pasticcerie, a fine giornata, donano l’invenduto. «Se possiamo rendere la vita più dolce, perché non farlo?», sorride Argnani. Anche lei - per pudore - scende in strada. Si nasconde dietro il bagagliaio. Una bella donna. Il viso incorniciato nello Hijab, il foulard islamico. ma di quelli vivaci, colorati. è italo-marocchina. più bolzanina di un “nativo” di Sciangai. ha 36 anni, da 17 vive qui. La storia è semplice. ha un diploma di assistente sanitaria. per stare dietro ai suoi bambini, ha smesso di lavorare quando il marito aveva un buon posto nell’edilizia, e le cose andavano a gonfie vele. poi lui è caduto da un impalcatura e si è spaccato la schiena. Da mesi è a letto. Prima in malattia, poi da disoccupato. Gli affitti e i debiti si sono accavallati. non hanno la casa Ipes. Per l’appartamento pagano 800 euro al mese. «Amici e familiari ci hanno prestato dei soldi per tirare avanti. dobbiamo tenere duro fino a quando lui non si riprende». Una situazione di difficoltà momentanea. Un caso “tipico”. «non sai quante famiglie si ritrovano povere di colpo - racconta argnani -. basta un niente per passare da una vita tranquilla alla disperazione. Magari dura un mese, magari un anno, magari per sempre. ma anche se dura poco, è un inferno».

Creme caramel.

Si risale sulla Citroen. Direzione centro. Renato e Jana vivono in un appartamento che ha trovato loro la San Vincenzo. Così come il lavoro a Renato, che ha 60 anni suonati. La casa è tirata a lucido. «Lui è un grandissimo lavoratore, un mulo - racconta Argnani-, ma la vita lo ha guardato storto». Lavori finiti male, un socio che l’ha truffato, un periodo di disperazione. Lei è invalida, pochi anni fa è stata aggredita da una malattia neurologica pesante. Si sono conosciuti, innamorati e sposati. Con loro vivono i bambini di Yana. Nella cassetta ci sono tortellini Rana, pane nero, mozzarelle e caffè. Argnani ci ha messo anche il creme caramel della Cameo, «perché si meritano una coccola». Sono le 22. Per noi la serata finisce qui. Non per Roberto. Ne ha ancora molti, di “pacchi”, da consegnare. «Di casi ne “ammucchi” tanti - dice assorto -. Non tutti hanno la fortuna di una vita liscia. C’è chi affronta la povertà con dignità e chi no. Chi fa il furbo e chi no. Chi si è rovinato con le sue mani, e chi ha fatto un frontale con la sfortuna. Ma tutti, colpevoli o innocenti, hanno una storia drammatica da smaltire. E chi siamo noi per giudicare?».

Nessuno?

«Esatto: nessuno. E sai qual è la cosa più bella? La soddisfazione più grande?».

Aiutare le persone?

«No. Il contrario. È quando qualcuno non ti chiama più. Perché vuol dire che ce l’ha fatta».

 













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