LUNA, il piccolo passo e la magnifica desolazione
Ingenui? Illusi? O, più semplicemente, eravamo giovani - 50 anni più giovani, per l’esattezza - e dunque tutto ci appariva destinato, in quei giorni sospesi di una estate che mai avremo dimenticato, ad un mondo futuro che non poteva non essere la naturale prosecuzione di quel gigantesco passo che ci stavano mostrando e raccontando. Per regalarci, in un tremolante e bianco e nero che oggi impallidisce di fronte al nitore colorato dell’alta definizione, lo spettacolo più emozionante che si potesse immaginare. Se mai gli anniversari hanno un senso, in questi giorni quel senso si compie al ricordo del 20 luglio 1969. Meglio ancora, del 21 luglio 1969. Perché una cosa emozionante certo fu quando l’Apollo 11 toccò il suolo lunare, ed erano le 21 e 17 (e 40 secondi per i maniaci della precisione) del 20, appunto. Eagle has landed fecero sapere dallo spazio gli astronauti mentre la diretta televisiva, in Italia, viveva dell’incredibile battibecco tra Tito Stagno, in studio a Roma e Ruggero Orlando, mitico inviato Rai in terra americana. Ha toccato, no, ancora qualche metro, sì, ha toccato, non ancora...
Ma la storia era lì, a scrivere una pagina indimenticabile. Che tale divenne, per il mondo intero, appunto il 21 di luglio, poiché Neil Armstrong mise piede sulla Luna sei ore più tardi. Eravamo nel cuore della notte, in Italia. Ma i bambini che eravamo non scorderanno mai quel momento, al quale fu permesso assistere malgrado l’ora - le 2 e 56 per la precisione - giacché i pur arcigni genitori del tempo (ancora non esistevano mamma e papà capaci di affidare ad un bambino di sei anni un telefono cellulare e men che meno di mettere in discussione l’autorità di un insegnante, per dire...) compresero bene cosa avrebbe fatto la differenza. Vivere in diretta “quel” momento. Armstrong che sembra saltellare sulla superficie del satellite nel mentre affida ai posteri una frase indelebile: un piccolo passo per un uomo, un grande passo per l'umanità. Diciannove minuti dopo dalla navicella sbucò anche Buzz Aldrin, il secondo uomo a toccare la Luna. A dispetto delle citazioni poetiche, delle suggestioni letterarie e persino del delirio complottista che di lì a poco - alla faccia dei terrapiattisti odierni: dilettanti - avrebbe insinuato che sulla Luna gli americani non c’erano mai arrivati e che si trattò di abile messinscena (con Stanley Kubrick costretto ad esserne il regista, sotto ricatto per via di un suo fratello comunista: peccato che Kubrick non avesse fratelli...), è proprio il “secondo uomo sulla Luna” ad accendere la fantasia. Intanto perché regalò una frase che distanziava immediatamente quella del suo compagno di volo. Questa è una magnifica desolazione, disse. E con quel che sarebbe venuto dopo: la depressione e l’alcolismo. “Se fossi stato io il primo a scendere, la mia vita sarebbe stata completamente diversa”, ebbe a dire il malinconico Buzz. E, ancora: “Quando vedi la Terra dallo spazio non sei più lo stesso”. Eppure, al culmine della battaglia tra americani e sovietici per la conquista dello spazio - epopea segnata da un certo Gagarin -, quel giorno è ancora oggi raccontato. In quei giorni era la penna di Oriana Fallaci a raccontare agli italiani cosa succedeva. Memorabile la chiusura di una sua corrispondenza: “La Luna conquistata. Che immensa felicità. Vorrei che oggi non morisse nessuno”. Rilette oggi le sue cronache lunari, Bur Rizzoli, sono inarrivabili. Tali da farvi tranquillamente rinunciare alla “Luna” di Bruno Vespa, immancabile in libreria con una sua cronaca di quel 1969, RaiLibri. Meglio, molto meglio “Conquistati dalla Luna” di Patrizia Caraveo, Raffaello Cortina editore. La storia di un’attrazione senza tempo, recita il sottotitolo. Impossibile dire meglio. Il bambino poi diventato l’estensore di queste righe lunari, rammenta invece ancora la gioia del suo albo preferito a fumetti, Kolosso. E quel numero del febbraio 1965, numero 51, 30 lire il prezzo di copertina. Il nipote di Ercole, più forte di Maciste, arrivava lassù con un certo anticipo rispetto ad Armstrong. Tutto pareva allora possibile. Se l’uomo era in grado di conquistare lo spazio, avrebbe saputo rendere anche la Terra un posto dove fosse bello vivere, crescere, conoscere, imparare, progredire, rispettarsi. Garantire dignità e giustizia. C’era anche questo nel fumetto precorritore di Kolosso e poi nel giorno straordinario di luglio. Con il terzo astronauta, Michael Collins, rimasto nell’orbita lunare, a sfiorare e mai toccare quelle rocce (21 chilogrammi e mezzo furono portati sulla Terra). Oggi, 50 anni dopo quello sbarco, ben altri sbarchi, e in un mare non certo della Tranquillità, impietosamente ci dicono che quel grande passo, l’umanità, se l’ha fatto, l’ha fatto forse all’indietro.