Luca è tornato a casa. Lunedì l’addio a San Pio X
La sorella Alice: «Due mesi durissimi, ancora non sappiamo perché è stato ammazzato». Il bolzanino Luca Romania è stato ucciso a Salvador de Bahia il 25 agosto. "Voleva andarsene, il Brasile è diventato troppo pericoloso e lui voleva proteggere suo figlio"
Bolzano. In volo sull’oceano. Luca sta tornando a casa. Lì da dove era partito 15 anni fa. Gli amici brasiliani lo hanno salutato lunedì pomeriggio alla chiesa evangelica. Hanno avvolto la bara in una bandiera italiana tappezzata di messaggi, foto, ricordi e preghiere. Per dirgli quanto gli volevano bene. Che siamo tutti "luci e ombre", e nessuno può giudicare se non Dio. Per non lasciarlo solo nel lungo viaggio sull’Atlantico. Poi l’hanno piegata a fazzoletto e messa nelle mani della moglie Adriana.
Lunedì 4 novembre alle 13.30 i funerali a San Pio X, la sua parrocchia, a due passi dal palazzo Ipes di via Similaun dove era cresciuto con la mamma Eva e le sorelle Tiziana e Alice.
L’hanno ammazzato lo scorso 25 agosto a Simoes Filho, nell'area metropolitana di Salvador de Bahia. Aveva solo 41 anni. Ucciso e bruciato in un’auto insieme ad un’altra persona. «Questi due mesi - racconta la sorella Alice - sono stati un inferno. Non riusciamo a capire perché? Perché ce l’hanno portato via, e in quel modo atroce...».
Il corpo di Luca non è stato cremato: può “parlare”, dire ancora qualcosa sul suo omicidio, e questo ha dilatato le pratiche per il rimpatrio della salma. Uno straziante e dolorosissimo iter burocratico tra mille domande senza risposta.
Luca aveva avuto la forza di rialzarsi dopo un passato tormentato. Il coraggio di combattere i suoi demoni e ripartire daccapo. Un nuovo matrimonio, la fede in Cristo, il lavoro di tatuatore con il suo pazzesco talento per il disegno a mano libera, il figlio Jamal avuto dalla prima moglie. «La ragione della sua vita - sussurra Alice -. Quando è nato mio nipote, Luca si è tatuato il nome sul cuore avvolto in una stella...».
Le lacrime scendono lente sul volto di Alice. Perdere un fratello, un figlio, un padre... Quando si ama molto, si soffre molto. «Ora lo riportiamo a casa - dice -. Come voleva lui». Luca lo aveva confidato ad Alice quando era tornato in Italia lo scorso giugno. «Voleva riavvicinarsi a noi anche fisicamente. Era stufo del Brasile, quasi impaurito. Dopo l’entusiasmo degli inizi, prevaleva ormai l’ansia per l’insicurezza diffusa, la precarietà, la miseria, la violenza nelle strade. Voleva mettere al riparo suo figlio».
La pista del delitto legato al suo passato si è sgonfiata. Luca aveva dato una svolta decisa alla sua vita, chiuso per sempre con certi mondi. Dopo la fine del secondo matrimonio con la dolorosa causa per l’affidamento del bambino, aveva conosciuto Adriana e si era risposato. Si era convertito alla chiesa evangelica ed era diventato un assiduo praticante. Racconta Alice: «Quando, prima di pranzare, lo abbiamo visto prenderci le mani per pregare e ringraziare insieme Dio, quasi non ci credevo. Scherzando, ho detto a mia madre: “Non lo riconosco...”».
Cercava armonia e pace Luca. L’impegno con la chiesa e nella scuola del figlio. Disegnava meravigliose scenografie ricche di colori e animali per gli spettacoli dei bambini. Il lavoro nello studio. Le lunghe sgambate in bicicletta o di corsa. Aveva ritrovato anche il “contatto” con il suo corpo. Era attaccatissimo alle sorelle e alle madre in Italia. Le inondava di foto su whatsapp per annullare la distanza. «Ho praticamente visto crescere mio nipote ancora prima di incontrarlo in carne e ossa. Ora ringrazio mio fratello, perché ho tante immagini che me lo fanno sentire ancora vicino. È importante fissare gli attimi delle nostre vite, perché tutto non si perda...».
I rapporti si erano riallacciati negli ultimi anni. Alice andava a trovarlo spesso in Brasile, perché lui non poteva ancora rientrare in Italia. «Quando finalmente è potuto venire, è stata una festa. Mi ha detto sì di aver paura del degrado sociale di Salvador, ma non di qualcosa verso di lui in particolare. Era sereno. Non si sentiva in pericolo o minacciato. Non avrei mai pensato che sarebbe stata l’ultima volta che l’avrei visto».
La domanda che torna, allora, è: perché? Perché lo hanno ucciso? In Brasile, le autorità di polizia non lasciano speranze alla famiglia Romania. Ad Alice dicono di non farsi illusioni, che deve essere comunque “contenta” perché hanno avuto la “fortuna” di ritrovare il corpo e che ora potranno seppellirlo. La vita vale zero. Nell’area urbana di Salvador de Bahia si contano 2 mila omicidi all’anno, 5 al giorno. Quello di Luca è uno dei tanti casi che finiranno nel nulla. Senza spiegazioni. Senza colpevoli. Troppi morti, troppa corruzione, troppo violenza. Si può essere ammazzati per una rapina, uno scambio di persona, per aver visto qualcosa che non si doveva, per uno sgarbo o una vendetta famigliare. E poi: depistaggi, connivenze, indifferenza. È come cercare un ago in un pagliaio.
In questo girone dantesco, c’è chi si è offerto di condurre un’indagine “indipendente” parallela. Ovviamente a suon di dollari. Impossibile, da qui, capire, fidarsi, affidarsi. «A questo punto - dice Alice -, non so neanche se ha senso aspettarsi o chiedere giustizia. Siamo sopraffate dal dolore. Non abbiamo neanche la lucidità per capire come dobbiamo muoverci».
Lei però una cosa la vuole con tutte le sue forze: ridare dignità a Luca raccontando chi era veramente. «Lui per me è stato come un padre. Quello che da bambina mi prendeva per mano e mi proteggeva da tutto e tutti. Era il mio eroe. Mi faceva sentire al sicuro...».
Sono cresciuti nelle case oltre via Resia. Tiziana era la più grande, Alice la più piccola, Luca "quello in mezzo". «Potevamo contare solo su mia madre. E su di lui...». Protettivo con le sue tre donne, ma anche ribelle, insofferente, con una grande voglia di “provare tutto”. Dopo la terza media, Luca va a lavorare come apprendista carrozziere. Sfoga la sua grande passione per il disegno con l’aerografo, decorando caschi, moto e automobili. Poi l'inquietudine lo fa deragliare. A vent’anni molla tutto e parte per il Brasile. Perché non tutti - da bambini e poi da adolescenti - hanno la fortuna di frequentare le scuole “giuste”, avere buoni esempi, o semplicemente qualcuno che ti ascolta e consiglia. «Perché - sottolinea Alice - : non tutti nascono sotto una buona stella. Lui era buono e generoso.
Ci amava incondizionatamente. Il suo sorriso ti apriva il cuore: è quello che mi resta e mi accompagnerà per sempre». Alice si augura che lunedì siano in molti a San Pio X. Dal Brasile arriverà la moglie Adriana, ma non il figlio Jamal (la madre non ha dato il permesso). Spera, Alice, che gli amici si facciano vedere in tanti. «Loro sanno com’era davvero. Li aspetto per dare a Luca tutto l’affetto e l’amore che si merita». Un ultimo, grande abbraccio.