La partita di Lele e quel dolore così forte da non avere un nome
A otto anni dalla morte per fibrosi cistica, gli amici e la famiglia ricordano la battaglia di Daniele Pirilli, “indomito combattente». Il papà Sarino: «Ma resta un dolore che non passa». L'omaggio della sua squadra, l'Excelsior, ai Campi Resia di Bolzano
Bolzano. «Se ti muoiono i genitori sei un orfano, se ti muore la moglie o il marito, sei un vedovo o una vedova. Ma se ti muore un figlio manca la parola. Sai perché? Perché è un dolore così grande, così forte, così distruttivo che non esiste un termine, una parola, in grado di definirlo...». Sarino Pirilli caccia in gola le lacrime. Sono passati otto anni dalla morte di “Lele”, Daniele, suo figlio, ucciso a 28 dalla fibrosi cistica. Una malattia che fa scattare il timer, il conto alla rovescia, perché sai che morirai giovane. E nessuno può nascondertelo.
Domenica ai Campi Resia, per l’ottavo anno, si sono ritrovati gli amici. È la “partita di Lele”. Con l’Excelsior, la sua squadra, di cui era il numero 10 e capitano. La squadra degli indomiti sconfitti, che milita in terza categoria, vince poco ma fa giocare tutti. Anche se hai la pancia. Anche se non hai fiato. Anche se hai la dannata fibrosi cistica e dopo pochi minuti ti scoppiano i polmoni. «Ma quei pochi minuti - ricorda Michele Mancosu - Lele dava il 100 per cento. E se vedeva che battevi la fiacca, ti spronava in quel modo ironico e bonario che aveva solo lui». Non mollare mai, era la filosofia di Lele. Che andava in moto, lavorava da Sportler, aiutava i genitori al bancone del bar Piacenza. Lo faceva quando la fibrosi glielo permetteva. Perché quella bastarda ti fiacca, ti indebolisce. Cadeva e ogni volta si rialzava, Lele. Con quel rigore, quella disciplina che ha solo chi non si arrende alla malattia.
«Per noi è importante essere qui con tanta gente che gli voleva bene, ha lasciato un buon ricordo», dice Sarino, e stringe al petto il nipotino Daniele, che l’altro figlio, Alex, ha voluto chiamare così in memoria del fratello. Prima del fischio d’inizio, i compagni si avvicinano alla mamma Annamaria. Un mazzo di fiori, l’abbraccio, il minuto di silenzio, gli applausi. Annamaria lascia scendere le lacrime. «Ancora oggi a mezzogiorno devo uscire di casa - sussurra -. Era l’ora del pranzo. Di quel momento nostro che si ripeteva ogni giorno. Non sopporto la sua assenza. Mi manca...». Quel dolore così forte per cui non esiste una parola. L’Exclesior ieri ha perso con il Rasa 4 a 2, ma ha segnato due gol bellissimi. Tutti per Lele.