La lettera di Brera in bicicletta
Si avvicina il mondiale di ciclismo su strada, l'occasione per raccontare del più grande giornalista sportivo italiano, Gianni Brera. E per ricordare, appunto, che è il ciclismo - e non il calcio, il fòlber, come si potrebbe pensare - lo sport che per primo il grande Gioan raccontò. Subito dopo la guerra, dove fu partigiano, al giovane cronista che veniva da San Zenone Po, dove era nato nel 1919, proposero di lavorare all'Unità. No, grazie. Scelse la Gazzetta dello sport. Dove, nel 1949, al seguito del Tour de France vinto da Coppi davanti a Bartali, si ritagliò un ruolo di primissimo piano. E d'altronde tra i suoi primi libri ci sono, non a caso, Addio bicicletta e L'avocatt in bicicletta. E nel 1974 in un volume di Incontri e invettive, ci regala una lettera a Gino Bartali. Rileggiamola , come merita. " Ti ho visto la prima volta in Gazzetta, nel 1945. Eri con Bini e Leoni (mi sembra). Di mutargnone che eri, secondo la favola avviata a divenir mito, avevi preso a far chiacchiere con la rabbiosa facondia del toscano. Guido Giardini disse: "Ora che ha smesso di andare forte, l'è diventaa on cicciaron". Ma forte andavi ancora. Ti rifacevi semplicemente di tanti anni austeri. Avevi preso moglie. Eri un uomo, non un santo. E le tue vittorie dividevano felicemente gli italiani, come è destino che avvenga, ma li dividevano per l'aperitivo, raramente per le busse. Il papa ti riceveva anche in maniche di camicia. Il giorno in cui spararono a Togliatti, la gente corse a sentire la radio del Tour anziché assaltare le prefetture. Fosti additato come salvatore della patria. Gli italiani sono tali personaggi che praticano il masochismo nazionale con invincibile pertinacia. Pensa che popolo di gonzi sarebbe il nostro, se fossero esatti i giudizi che noi ne diamo! A Sanremo ti raggiunse la moglie, durante quel Tour. Come venisti sconfitto, il giorno seguente, fiorirono le più belle deprecazioni che mai siano state fatte della donna. Anche questo usa molto, in Italia. Tu eri sceso di sella e il tuo sorriso amaro si mutò in invettiva. Una specie di ineffabile Tecoppa si rivelò dai teleschermi. Divenisti simpatico di colpo: non ai crociati, ma agli altri che prima si seccavano: a me, a tutti. Frate Cipolla, ti dissi, ora è il momento di lavorare insieme." Nessuno meglio di te sapeva vedere gli aspetti polemici del ciclismo.