Chiude Librarsi, detersivi sfusi accanto ai libri per resistere 

Storie di quartiere. Dopo 12 anni Barbara Roncoletta ha deciso di cessare l’attività della libreria in via Milano, l’unica del rione. «All’inizio è andata molto bene. Poi c’è stata la crisi del Covid e le vendite si sono spostate sull’e-commerce»


Luca Fregona


Bolzano. «Quattromiladuecentosettantuno giorni». Lo dice senza prendere fiato Barbara Roncoletta. «Dodici anni, cifra tonda, sarebbero nell’aprile 2024, ma io chiudo prima, il prossimo 31 dicembre. Per resistere, accanto ai libri, ho dovuto vendere i detersivi alla spina».

Con la sua libreria in via Milano, Barbara Roncoletta chiude anche una lunga vita professionale legata a filo doppio a romanzi, gialli e saggi. Prima, infatti, per altri venticinque anni, aveva lavorato tra gli scaffali della mitica “Libreria Giorgi” di via San Quirino angolo via Peter Mayr, dove oggi c’è un panificio Franziskaner. «Quando chiuse la Giorgi, non volevo cambiare mestiere. Decisi di metterne su una tutta mia. Il centro e l’asse piazza Mazzini-Corso Libertà erano saturi, ho puntato subito sui quartieri. Ho cercato in via Torino, ma gli affitti non erano abbordabili. Alla fine ho trovato questo locale dell’Ipes in via Milano. Era perfetto». Via Milano 105 a due passi da piazza Matteotti. Il nome è un gioco di parole: “Librarsi”. Perché per Barbara Roncoletta i libri sono tante cose: svago, impegno, sogno, libertà, coraggio. E di coraggio, lei, per aprire nell’era di generazione zeta e social, ne ha avuto parecchio. «Agli inizi non è stata dura come si potrebbe pensare. Qui ci abita un sacco di gente, è una zona molto vivace anche dal punto di vista culturale. Sbaglia chi pensa che i libri si vendano solo in centro storico».

Lei si inventa gli aperitivi letterari, le letture di gruppo, il tè delle cinque, i caffè con l’autore. Organizza decine di presentazioni. «La gente veniva, leggeva il giornale, si facevano quattro chiacchiere». Un po’ negozio, un po’ bar, un po’ centro sociale, un po’ confessionale. «Insomma, non era “solo” una libreria - dice con orgoglio -. E poi, quando consigli un titolo o un autore, sveli qualcosa di te. Trasmetti a qualcun altro una cosa bella. La soddisfazione è impagabile quando un cliente torna e ti ringrazia perché “sì, avevi ragione, quel libro è davvero meraviglioso”. È come se lo avessi scritto tu “quel libro”». Clienti che col tempo diventano amici. «I primi anni sono volati. I libri si vendevano, eccome. Anche se, va detto, sono stata sempre molto attenta ai conti. Non mi sono mai potuta permettere assunzioni. Per fortuna, quando ne avevo bisogno, c’era chi mi dava una mano».

Tutto bene fino allo stramaledetto febbraio 2020: il Covid, la chiusura forzata, le norme anti-contagio, le mascherine, la diffidenza, la paura, i vaccini...

«La gente ha cambiato abitudini. Gli acquisti ora li fa online. E se li fa in libreria, non c’è più il piacere di girare tra gli scaffali, curiosare, magari scegliere attratti dalla copertina, dal nome di un autore, dalla sinossi, o, perché no?, da un prezzo stracciato. Oggi a far vendere i libri è la tv. I clienti si fermano al bancone e chiedono il titolo sentito la sera prima da Fazio. Più spesso lo ordinano con un clic su Amazon o lo scaricano sull’E-book. Quando qualcuno punta dritto verso gli scaffali e inizia a sfogliare, mi si apre il cuore». Per fortuna ci sono ancora gli appassionati di gialli («lettori insaziabili di libri di carta, che amano parlare di libri in libreria») e i bambini.

«Soprattutto i bambini. Entrano con quell’aria eternamente stupita. Infilano le dita tra le pagine, toccano, guardano, annusano, leggono e poi convincono i genitori...». Dal Covid in avanti è stato quasi impossibile “campare” solo con i libri, cosa, di per sé, già complicata prima. «Mi sono dovuta arrangiare - continua Roncoletta mentre accarezza le copertine blu dei romanzi di Antonio Manzini, il suo scrittore preferito -. Ho diversificato l’offerta. Pennarelli, quaderni, articoli vari di cartoleria e persino i detersivi alla spina. I detersivi sfusi, quelli sì vanno molto bene». Sorride amara Roncoletta. La decisione di chiudere è un mix di tanti motivi. «In primis personali, una certa stanchezza anche fisica. Pensavo di resistere ancora due, tre anni. Una mattina mi sono svegliata e mi son detta: ok, basta così. Voglio godermi la pensione e mio marito. Poi, certo, ho fatto anche due conti. L’adeguamento Istat del canone d’affitto è stato una mazzata, i costi di gestione alle stelle... Ci vuole molta energia per non mollare. La cosa che più mi spiace è che nessuno si sia fatto avanti per prendere il mio posto. Ormai è così: ogni negozio che chiude nel quartiere, chiude per sempre. I giovani non si vedono».

Le serrande restano inesorabilmente abbassate. «Non c’è ricambio. Entro l’anno non sarò l’unica a lasciare: via Milano, che una volta brulicava di attività, sarà inesorabilmente più vuota e sola». Barbara Roncoletta ha iniziato a svuotare il magazzino.

«Fino a dicembre butto fuori tutto a prezzi ultra scontati. Quando tirerò giù la saracinesca per l’ultima volta, già lo so, mi scenderà una lacrima. Ma senza rimpianti».

 













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