Bolzano, al quartiere Don Bosco 150 caffè sospesi per gli anziani in difficoltà
L’idea è partita dal manager Franco Raffaelli che ha coinvolto il Bar Piacenza: in pochi minuti pagate decine di “tazzine” per tutto dicembre. Un piccolo segno di solidarietà dopo aver letto l’ultimo dossier Caritas
BOLZANO. Franco Raffaelli ha 81 anni. Da ragazzo ha conosciuto la fame vera. Cresciuto nelle case dei ferrovieri di via Cavour, è andato a lavorare a 15 anni. Fattorino alla Fercam. La mattina, all'alba, prima di andare in azienda, passava all'orto ai Piani. Strappava dalla terra carote e insalata che poi vendeva ai banchi di piazze Erbe. Ha lavorato sodo tutta la vita. Da fattorino è diventato impiegato. Da impiegato dirigente, ha chiuso la carriera all'ArceseLog a Milano come amministratore delegato.
Non ha mai dimenticato da dove è partito, e che, a questo mondo, c'è anche chi non ce la fa e tira avanti a fatica. Quando la scorsa settimana ha letto sull'Alto Adige l'ultimo rapporto Caritas sulla povertà in provincia, con un anziano su cinque a rischio miseria e sedicimila pensionati che sopravvivono con la minima, si è detto «devo fare qualcosa».
Una cosa piccola, un segnale di solidarietà. «I dati della Caritas non mi hanno affatto sorpreso - spiega-, basta fare un giro tra gli scaffali di un supermercato per vedere carrelli semivuoti e prezzi raddoppiati.
L'inflazione picchia duro, ma gli stipendi restano fermi. «Pensioni da fame, il ceto medio stritolato. Quando ho letto che gli anziani rinunciano persino al piacere del caffè al bar per risparmiare qualche euro, mi ha preso un senso di rabbia e frustrazione. Il pensiero è andato a quando, per lavoro, scendeva alla filiale Gondrand di Napoli. Mi fermavo al Gran Caffè Ciorfito. Il barman mi diceva "Dottò, il caffè come lo vuole, sospeso?". Io rispondevo: "Ristretto". Cos'era mai questo caffè sospeso? Mi spiegò che significa prendere un caffè ma pagarne due, per offrirne un altro a un avventore che non se lo può permettere. Ecco, voglio lasciare un caffè sospeso per tutto il mese di dicembre in un locale di Bolzano...».
Raffaelli ha chiesto una mano al nostro giornale. «Mi aiutate a trovare un bar nel posto giusto? Dove abbia un senso, dove c'è davvero bisogno di un gesto di vicinanza a tanti bolzanini in difficoltà...».
Detto, fatto. Il Bar Piacenza. Via Piacenza angolo via Parma, quartiere Don Bosco. Lo gestisce da trentuno anni Sarino Pirilli, un'istituzione tra i palazzi compressi tra via Alessandria, via Resia e il Lungo Isarco. Pirilli conosce ogni storia, ogni pietra, ogni cortile, ogni difficoltà. È nato a venti metri dal suo bar, queste strade sono casa sua. Veglia da lontano sui vecchi soli che abitano nei condomini Ipes. E quando si accorge di un problema, di un'assenza ingiustificata o prolungata, di uno stato di disagio, lui, con discrezione, sa cosa fare, chi avvisare e, nel caso, chi fare intervenire.
Nessuno meglio di Sarino, può sapere a chi dare, sotto Natale, una carezza all'aroma di caffè. Franco Raffaelli e Sarino si sono incontrati per la prima volta l'altro giorno davanti al bancone del "Piacenza". Non sono serviti tanti giri di parole. Una stretta di mano e via. Franco ha pagato al volo cinque abbonamenti caffè da tredici tazzine ciascuno. Altri avventori, sentita la storia, hanno detto «ci stiamo anche noi». Gli abbonamenti sono saliti a dodici in un istante. Tredici per dodici fa 156 caffè sospesi per tutto dicembre.
Ma non è finita. «Allargo l'appello - dice Raffaelli - ai lettori del giornale: fatevi avanti, passate da Sarino, e donatene ancora». Magari anche un croissant sospeso, un cappuccino sospeso o, la vigilia di Natale, un prosecco sospeso, un panettone sospeso... «Perché così - dice Pirilli - si ha anche la scusa di uscire di casa, fermarsi al bar, scambiare quattro chiacchiere con la persona accanto. Sentirsi, insomma, meno soli».
Senza imbarazzi e il pudore di chi, magari, si vergogna a chiedere persino un caffè già pagato. Sarino consegnerà i ticket con grande discrezione.