Portrait of Django Reinhardt, super concerto al “Cristallo” di Bolzano
Grandi nomi della scena altoatesina per il progetto ideato da Franz Zanardo. Sul palco con Helga Plankensteiner tante voci femminili, Mike Ometto e molti altri
BOLZANO. Dopo la data del 14 ottobre al Puccini di Merano, il progetto “Portrait of Django Reinhardt” sbarca a Bolzano: il 27 ottobre alle ore 21 il Teatro Cristallo ospiterà il concerto ideato da Franz Zanardo in una versione che esalta ancor di più il ricorso al canto e in particolare alla voce femminile: saranno infatti ben cinque – Helga Plankensteiner, Annika Borsetto, Gisella Ferrarin, Greta Marcolongo, Elisa Venturin – le voci femminili protagoniste della serata accanto alla nutrita band che renderà omaggio al fuoriclasse della musica gitana, al re del gipsy jazz. Accanto alle chitarre di Franz Zanardo , Lino Brotto e Mike Ometto, ci saranno il basso di Gianni Casalnuovo, il trombone di Gigi Grata, il violino di Mattia Martorano, il basso di Beppe Pilotto, il sax di Fiorenzo Zeni al quale si affiancherà quello di Helga Plankensteiner. E poi ci sarà come sempre la voce narrante di Emilio Insolvibile, a raccontare episodi della funambolica vita di Django Reinhardt. Sul palco anche il pittore Philip Gaida per una vera e propria action painting durante alcune fasi del concerto. Non solo: è in programma anche una esibizione di danza di saranno protagonisti Katharina Zeller e Emanuele Margiotta della scuola di ballo “Swing on Südtirol” di Merano. «Questo – spiega Zanardo - è un progetto ambizioso e impegnativo che riusciamo ad allestire un paio di volte l’anno. Per noi è una divertentissima “missione”, perché tutt’ora Django in Italia è poco conosciuto».
Le letture dove attingeranno?
«Sono pagine biografiche e gustosi aneddoti tratti dal libro che Michael Dregni ha dedicato a Reinhardt. Dregni è uno scrittore e musicista franco-americano che con “Django, vita di una leggenda zingara” ha scritto quella che viene considerata la “bibbia” in fatto di biografie dedicate a Django».
Una delle novità è il nutrito cast di voci femminili.
«La musica di Django è soprattutto strumentale, è vero, ma nel repertorio che condivideva con il celebre violinista Stephan Grappelli c’erano anche brani cantati, che noi vogliamo rilanciare attraverso cinque belle voci femminili locali». Appuntamento dunque il 27 ottobre al teatro Cristallo, inizio ore 21, ingresso 10 euro, prevendita già in corso a Laives (Coop Laives Cultura e Spettacolo e Fiori Berger), e a Bolzano Teatro Cristallo ed Etrebelle Via Claudia Augusta 42. Ma non tutti sanno chi è Django Reinhardt. Era nato in Belgio nel 1910 da una famiglia di etnia sinti. Dopo un lungo girovagare in varie nazioni europee e nord-africane, la sua carovana si fermò presso la periferia di Parigi, che fu poi scenario della quasi interezza della sua carriera di jazzista Quando aveva solo diciotto anni Reinhardt, che aveva già iniziato una carriera da apprezzato banjoista, subì un grave incidente. La roulotte di famiglia fu divorata da un incendio; Django riportò gravi ustioni, tanto da perdere l’uso della gamba destra e di parte della mano sinistra (l'anulare e il mignolo, distrutti dal fuoco, furono saldati insieme dalla cicatrizzazione). Questo incidente era destinato a cambiare la sua vita e la storia stessa della chitarra jazz. Infatti, a causa della menomazione alla mano sinistra, Reinhardt dovette abbandonare il banjo ed iniziare a suonare una chitarra che gli era stata regalata, meno pesante e meno ruvida. Nonostante le dita atrofizzate, o forse proprio grazie a queste, sviluppò una tecnica chitarristica rivoluzionaria e del tutto particolare riuscendo in questo modo a vincere la menomazione e a tornare a suonare con diverse orchestre che giravano per la Francia. A metà degli anni trenta, Reinhardt e il violinista Stéphane Grappelli formarono un quintetto di soli strumenti a corda, denominato, Le Quintette du Hot Club de France, che divenne presto famoso. Sull'onda di questo successo Reinhardt si rivelò come uno dei musicisti europei più talentuosi nel jazz tradizionale. La musica del quintetto era quasi eterea e si aveva come l'impressione che i musicisti, nell'improvvisazione, suonassero come se avessero lo spartito davanti. Il tutto con una ritmica perfetta. Con l'avvento del bebop Reinhardt diede ulteriore prova di maturità ed originalità artistica, incidendo dei brani memorabili con la chitarra elettrica: la poesia Manouche, miscelata alle sonorità più moderne, fa di quegli assolo una delle pagine più originali del jazz dell’epoca.