tradizioni

La Pasqua di una volta, che non c’è più

Dal lancio della moneta ai biscotti a forma di Cristo risorto, l’esperta Rosanna Cavallini spiega le usanze di un tempo 


Astrid Panizza Bertolini


TRENTO. Le uova di Pasqua sono un “must” della tradizione, se però oggi sono di cioccolato, in passato erano quelle di gallina. Sono tanti i riti che hanno caratterizzato questo periodo dell’anno nei secoli, ma sono definitivamente, o quasi, scomparsi. La religione è da sempre legata indissolubilmente a questo tipo di tradizioni. «Nel 1700 in Tirolo e in Sudtirolo durante la Pasqua venivano esposti i cosiddetti “presepi pasquali”. – spiega Rosanna Cavallini, esperta di storia e tradizione locale e Conservatrice Onoraria del Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina - Si trattava di statue in legno che raffiguravano la passione di Cristo.

Questa usanza non c’era in Trentino, ma un esempio è però presente al Santuario di San Romedio. Nella nostra Provincia, invece c’erano i presepi viventi che personificavano le varie fasi della morte e ressurrezione di Gesù. Questo tipo di rappresentazioni vennero proibite nel ’700 perché le persone si immedesimavano a tal punto che si arrivava a vere e proprie zuffe. Ci sono testimonianze però che nel 1933 a Cloz, in Val di Non, ci fu una delle ultime rappresentazioni della Passione, dopodichè questo rito fu abbandonato». I bambini, invece, in passato giocavano spesso con le uova, dipingendole con tintura di anilina.

«Le decorazioni potevano essere effettuate anche con fiori e bucce di cipolla che venivano bollite assieme alle uova stesse - continua Cavallini - Questo tipo di tradizione esiste ancora oggi, ma è lasciata alle decisioni di ogni singola famiglia ed è rimasta più forte nei Paesi dell’Est. In passato, invece, qui lo facevano tutti. Le uova, una volta colorate, venivano poste in un cestino e regalate, un gesto che significava tanto in un periodo storico in cui da mangiare c’era poco o niente». Ma con le uova venivano fatti anche dei veri e propri giochi di gruppo.

«Stiamo parlando del lancio della moneta o del combattimento delle uova, che coinvolgevano tutti i paesani, non solo i bambini - racconta la Conservatrice Onoraria del Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina - Il gioco del lancio della moneta prevedeva che fosse appunto lanciata una moneta da una certa distanza verso un uovo sodo e chi riusciva a conficcare la particolare “freccia” conquistava l’uovo, che poteva portarsi a casa. Lo stesso premio era conferito a chi, usando un uovo sodo come arma, riusciva a sconfiggere l’avversario durante un combattimento “uovo a uovo”. A quei tempi portare a casa un premio del genere voleva dire avere qualcosa da mettere sotto i denti.

Questa usanza è rimasta viva fino a circa una cinquantina di anni fa, poi è andata via via scomparendo, rimanendo solo in alcune zone della Valsugana». La religione era presente in ogni dove, nel passato dei nostri antenati, soprattutto nei periodi di festa, dove la Pasqua rappresentava la rinascita e l’uovo era considerato embrione di una nuova vita. «In passato, tutte le azioni racchiudevano un significato religioso - spiega Cavallini - come quando venivano cucinati i biscotti o le focacce usando forme da cucina con simboli della Chiesa, addirittura con l’effige di Cristo risorto oppure con la Madonna che tiene sulle sue ginocchia Gesù ormai morto. Le persone avevano bisogno di credere, di aggrapparsi alla speranza in una maniera viscerale.

La maggior parte dei cittadini, infatti, erano contadini e in questo periodo dell’anno la paura di una possibile gelata imminente, che avrebbe fatto perder loro il raccolto di un anno intero, li spingeva a pregare e ad essere devoti molto di più di quanto lo siamo noi oggi». Le famiglie benestanti potevano addirittura permettersi di esporre un teatrino pasquale, con la figura scolpita di Gesù nella tomba ed erano comuni per i bambini i rebus della Passione di Cristo. «Se penso invece ai miei ricordi di quando ero bambina - confessa la storica - mi viene in mente quando mia madre mi portava nel Duomo dove veniva esposta la statua di Gesù in croce. L’usanza in quel caso era di baciare le ferite del Signore. Questo fatto rappresentava una sorta di sensualità che ci era vietata altrimenti, non avevo mai visto infatti altri corpi nudi se non quello».

La religione rappresentava il fulcro della vita quotidiana, individuale e comunitaria. Questo senso di appartenenza oggi è venuto meno. «A Pasqua si preferisce andare a fare una vacanza con la propria famiglia, già quando ero ragazza ricordo che il giorno di Pasquetta con i miei amici andavamo a fare il primo bagno della stagione a Calceranica. A quei tempi dovevamo tenerlo nascosto ai nostri genitori, ora invece è tutto più normalizzato. E quindi le tradizioni e il legame con questa festività sono rimasti solo un lontano ricordo» conclude Cavallini.













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