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Cesare Prandelli: "Il sistema di gioco oggi non valorizza i giovani talenti"

Al Festival dello Sport l'ex tecnico della nazionale azzurra di calcio ha parlato a ruota libera del suo percorso nel mondo del pallone



TRENTO. “Troppa concentrazione sul gioco e poca libertà d’espressione in campo”. Cesare Prandelli ha analizzato così la situazione del calcio italiano alla luce del lungo digiuno degli azzurri dai campionati mondiali e della mancanza cronica di talenti made in Italy in alcuni ruoli chiave. Nel suo intervento al Festival dello Sport l’ex allenatore della nazionale e della Fiorentina ha ripercorso le tappe della sua carriera, partendo da quando era una riserva nella Juventus fino alla decisione di non allenare più. Nel mezzo tanti aneddoti legati anche a personaggi che hanno segnato il suo percorso: da Platini a Scirea, da Balotelli a Jorgensen.

Nel suo periodo trascorso da giocatore in bianconero ha sottolineato la serietà di Michel Platini, il clima surreale che si creò nella pancia dello stadio nella tragica serata dell’Heysel e l’ammirazione per Gaetano Scirea, definito una delle persone più pure e pulite del mondo del calcio, un leader silenzioso e un campione sia come calciatore sia come uomo. Non poteva, poi, mancare un accenno sulla crescita dei giovani calciatori di oggi: “Negli ultimi anni – ha affermato – nei settori giovanili abbiamo curato più il sistema di gioco che la crescita tecnica del ragazzo. Abbiamo tanti ragazzi di talento e non li dobbiamo rovinare. Se un giovane calciatore ha delle qualità incredibili vanno enfatizzate perché gli permettono di sentirsi protagonista. Oggi, invece, si crescono giocatori che devono badare a fare due o tre cose in campo, con allenamenti schiavi del sistema di gioco e così facendo i ragazzi perdono la fantasia, la voglia di rischiare, di inventarsi qualcosa che può fare la differenza”.

Tra gli altri temi toccati la depressione che attanaglia molti giocatori, l’omosessualità e l’ipocrisia del mondo del pallone in merito a questo argomento, la grande responsabilità di chi veste la maglia azzurra fino a parlare dei calciatori che più lo hanno impressionato. Se Mario Balotelli “nel suo momento migliore uno dei 4 o 5 attaccanti più forti al mondo” è stato vittima del suo personaggio e Antonio Cassano è “una persona diretta, che ha dei valori e anche quando è sopra le righe nelle sue parole c’è un fondamento di verità”, l’allenatore dal quale ha imparato di più è stato Giovanni Trapattoni, mentre il calciatore più intelligente con cui ha lavorato è il danese Martin Jorgensen ai tempi della Fiorentina: “Una persona straordinaria – ha chiosato – un calciatore capace di adattarsi a qualsiasi situazione e con la capacità di essere un leader. Il più forte in assoluto? Adriano. Un giovane che aveva un fisico pazzesco e una forza incredibile. Una persona buonissima al quale il pallone interessava relativamente perché il suo obiettivo principale, che ha centrato, era quello di portare 50 famiglie fuori dalle favelas”.













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