Sydney dieci anni dopo ma l'oro della Bellutti è ancora il più luccicante
Nella corsa a punti la medaglia inattesa che bissava il trionfo del 1996 ad Atlanta
BOLZANO. 21 settembre 2000, Sydney. Antonella Bellutti vince il suo secondo oro olimpico in pista. La specialità è la corsa a punti, non l'inseguimento in cui tutti l'attendevano dopo la vittoria ad Atlanta'96. La gioia è immensa. Dieci anni dopo, rimangono i ricordi. E le medaglie, appese in camera. «Sydney è stata la gioia più grande - ricorda Antonella -. La prima medaglia, quella di 4 anni prima, era stata una sorpresa, un'emozione nuova e inaspettata. A Sydney l'ho voluta, aspettata, cercata. Non è arrivata nell'inseguimento, poi la grande rivincita nella corsa a punti. Esaltante. Sapevo di essere competitiva, ma una cosa è sentirsi preparata, un'altra è vincere un oro a 5 cerchi».
Però niente foto appese per casa.
«C'è un grosso album che raccoglie i miei successi sportivi. Spesso mi viene voglia di sfogliarlo. Ma ora la mia vita è un'altra». Esattamente dieci anni fa infatti, ancora con quella medaglia al collo, Antonella sceglie di interrompere una carriera cominciata giovanissima nell'atletica. Nata il 7 novembre del 1968, a 32 anni è al vertice della carriera. Ma vuole smettere. Ad ogni costo. «Volevo tempo per dedicarmi a tutto quello che un atleta non può fare».
Per esempio?
«Vivere lo sport come puro divertimento, inserirmi nel mondo del lavoro, ritrovare gli amici. Smettere non è stato per niente facile, ma è stata una conquista per me stessa».
La domanda sorge spontanea visti i recenti casi di Lance Armstrong e Michael Schumacher, due grandi campioni che dopo aver dato l'addio al mondo dell'agonismo da eroi non hanno resistito al richiamo delle gare. Ad Antonella è successo?
«Mai - risponde sicura -. Quando mi metto in testa una cosa sono caparbia». In realtà dopo Sydney la Bellutti torna all'agonismo, ma in una specialità diversa, il bob a due femminile in compagnia dell'olimpica Gerda Weissteiner. In una stagione fanno il circuito di Coppa del Mondo, si qualificano per le olimpiadi di Salt Lake City e arrivano settime. Risultato grazie al quale la Bellutti, oltre ad essere la prima donna nella storia dello sport italiano a vincere due ori individuali in due Olimpiadi estive in due specialità diverse della medesima disciplina, diviene l'unica azzurra ad aver preso parte ai Giochi estivi e a quelli invernali. Eppure Antonella oggi giura di non aver nostalgia di quella vita sempre "a tutta" per dirla come un ciclista.
«Amo lo sport e lo pratico tuttora. Me lo godo anche di più perché lo faccio per me sola, senza pressioni. Tutti ripetono che la vita di un atleta di alto livello è piena di sacrifici, in realtà non si tratta delle ore di allenamento o delle diete o degli spostamenti, ma di tutto quello a cui devi rinunciare. La tua vita è improntata esclusivamente alla ricerca del risultato, sei sotto tensione costantemente ed è per questo che io ho sentito la necessità di smettere così giovane. Ho avuto tante soddisfazioni ma volevo godermi anche quella che potrebbe dirsi una vita "normale"».
E l'ha saputa costruire? Se dopo l'oro di Sydney le avessero detto che tra dieci anni sarebbe stata così si sarebbe ritenuta soddisfatta?
«Sì, nessun rimpianto. Sono insegnante di educazione fisica e coordinatrice sportiva del liceo Toniolo di Bolzano. Mi dedico agli sport che amo e che magari non potevo fare perché più rischiosi, come lo scialpinismo. E viaggio molto. Sono grata al destino, con me è stato davvero generoso, dandomi addirittura due chanches: una carriera sportiva ricca di soddisfazioni maturate in fretta che mi hanno dato tanta esperienza per la seconda fase della mia vita».
Adesso Antonella Bellutti è insegnante, ma i suoi alunni la conoscono "da atleta"?
«Sì, in un modo o nell'altro scoprono il mio passato - ammette -. Poi adesso che al mio liceo c'è la mostra sugli sportivi altoatesini tenerlo celato era impossibile. Meglio, mi danno più retta».
Cosa consiglia a loro che vorrebbero cimentarsi proprio in una carriera sportiva (di lì è passata anche Tania Cagnotto)?
«Impegno e dedizione. Ma anche di non investire tutto nello sport, è una carriera che finisce presto, quando a livello lavorativo si dovrebbe invece crescere».
Lo sport che consiglierebbe?
«L'atletica è il mio primo amore: insegna moltissimo e dà completezza non solo fisica ma anche mentale».
E la pista? La segue ancora?
«Sinceramente no, è poco pubblicizzata anche dai media. Non sono stata nemmeno agli italiani di Mori, praticamente sotto casa visto che vivo a Rovereto. Seguo le direttive principali e non ho apprezzato i cambiamenti fatti sui regolamenti. Come l'abolizione proprio delle due discipline in cui ho vinto per inserirle in una prova multipla che a mio parere le svalorizza».
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