l'intervista

Per il "Bira" tutto cambia al PalaTrento

Capitan Birarelli svela il trucco della sua Diatec: «Un palasport caldo e pieno come il nostro intimorisce gli avversari»


Nicola Baldo


TRENTO. La calma prima della tempesta. In casa Trentino Volley si può alzare il piede dall’acceleratore, dopo tante settimane a cento allora. Ma questo febbraio così atipico rispetto ai mesi scorsi non deve trarre in inganno, è solo la calma prima che si scateni un temporale: marzo porterà con sé le fasi bollenti della Coppa Cev e l’inizio dei playoff. Insomma, quelle settimane nelle quali ogni tre giorni si giocherà una partita fondamentale. «Sarà un mese da sfruttare nel modo giusto – commenta capitan Emanuele Birarelli - perché ci darà il tempo di lavorare sulla condizione fisica e sul gioco. Non bisogna però sottovalutare gli impegni di campionato che avremo nelle prossime settimane: Milano viene da un periodo non facile, ma poi la settimana dopo al PalaTrento arriverà Ravenna e sarà dura in campo e bellissimo fuori, perché potrò rivedere un vecchio amico come Andrea Bari».

Uscite da un mese di gennaio con 9 gare in 28 giorni, turno passato in Cev, secondo posto in SuperLega e secondo in Coppa Italia, che bilancio fa?

Positivo. Secondo me in Coppa Italia eravamo in un momento di calo delle energie. Venivamo da un dicembre altrettanto impegnativo e in campo si è visto un gioco poco fluido. Però siamo stati bravi a vincere subito dopo contro Perugia e soprattutto il match di sabato contro Verona, nel complesso anche la sconfitta di Molfetta ci può stare.

Ad agosto voi non eravate accreditati della primissima fila in questa SuperLega, invece siete lì al secondo posto: il gap con le big annunciate si è assotigliato?

Se parliamo dei valori di cui si parlava sulla carta in estate sì, adesso siamo più vicini alle varie Modena o Treia. Siamo stati bravi a sovvertire determinati pronostici, ma la storia ci insegna che nella finale scudetto arrivano le due squadre più forti. Noi dovremo essere capaci di giocare bene ed arrivare al nostro top fra qualche settimana, quando inizieranno i playoff. Sarà importante essere al massimo allora. Ovvero quando giocherete, probabilmente, playoff e semifinale (e finale) di Coppa Cev a pochissimi giorni di distanza. Il calendario è questo, purtroppo. Chiaro non è la situazione migliore per permettere ai veri valori delle squadre di uscire fuori. Ci giocheremo in pochi giorni il lavoro di sei o sette mesi, non è il massimo ma questa è la situazione.

Ma quanto ci tenete a vincere la Coppa Cev?

Molto e abbiamo buone chance di arrivare in fondo. In questa fase la Cev somiglia molto alla Champions League. Dopo tanti anni che giocavamo la Champions non è un dramma non esserci per una stagione, è chiaro che però abbiamo tanta voglia di tornare a giocarla già dal prossimo anno. Però per avere la certezza matematica di tornare in Champions servirebbe, almeno, il primo posto al termine della regular season. Sì ma io sarei contento di terminare la stagione regolare anche solo fra le prime due. Perché questo vorrebbe dire avere la certezza delle due gare in casa su tre in quarti e semifinali, fattore molto importante per noi.

Non per niente siete ancora imbattuti in casa in questa stagione, ma oltre ai fattori ambientali c’è anche un discorso tecnico per questo filotto di vittorie interne?

In casa riusciamo sempre ad avere un livello di battuta più alto che in trasferta. Sicuramente un palasport caldo e pieno di persone un po’ intimorisce l’avversario, ma alla fine le uniche cose che contano sono giocare bene e arrivare nelle condizioni migliori ai momenti importanti della stagione.

Per i suoi giovani compagni Giannelli, Nelli e Mazzone sembra si aprano le porte della nazionale: che consiglio sente di dar loro da capitano dell’ItalVolley?

Già dai primi allenamenti o collegiali respireranno l’atmosfera azzurra che è diversa da quella di qualsiasi club. Quello che mi sento di consigliar loro è che per quanto intorno tutti ti dicano che sei bravo ci sono tanti ragazzi là fuori che ambiscono al tuo posto. Quindi quella maglia azzurra bisogna sudarsela e tenersela stretta.

Cosa significa per lei essere il capitano?

Al di là dell’ovvia soddisfazione per questo ruolo, per me ha un significato speciale far parte di questo gruppo composto da tanti ragazzi che sono molto legati a Trento e alla società. Tanti giocatori, infatti, c’erano già stati o sono usciti dal settore giovanile. C’è così un legame diverso, profondo, e questo sentimento deve essere per tutti noi un valore aggiunto.

Inevitabilmente iniziano a girare anche le prime voci di mercato, soprattutto per il fatto che molti di voi sono in scadenza di contratto con Trento: queste chiacchiere voi come le vivete?

Personalmente non sono un fastidio, ogni tanto ci si scherza anche su. Spesso si tratta di chiacchiere della prima ora che poi non si realizzano. L’importante è che se alcune voci ti toccano personalmente le cose siano chiare con il gruppo e con quello che la società si aspetta da te, poi fino all’ultimo giorno si lavorerà comunque al massimo.

Il centrale che più lei ammira?

Il nostro è un ruolo che si divide in due grandi aree: il muro e l’attacco. E non sempre un unico giocatore è molto forte in entrambi. In attacco ho sempre ammirato Andrea Gardini, mentre a muro due grandi esempi sono Hubner e Tencati.

Allora chiudiamo con un gioco: mi dica il sestetto più forte di tutti i tempi secondo lei?

Difficile, ma direi... Blangè al palleggio, Miljkovic opposto, Papi e Giani schiacciatori, Gustavo e Van de Goor centrali con Andrea Bari libero.













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