«Nibali è un tranquillone che scherza e dà consigli senza far pesare chi è lui» 

Il perginese. Nicola Conci è in ritiro a San Pellergrino: «Dal mio capitano posso imparare tanto  anche soltanto osservandolo. Stiamo preparando cuore e gambe per i duri sforzi delle corse»


LUCA FRANCHINI


Trento. I primi 10 giorni di ritiro sono alle spalle. O meglio, nelle gambe. La data della ripresa delle corse – il 1° agosto con la Strade Bianche - si avvicina, con il mirino puntato sul grande obiettivo di un anomalo 2020, il Giro d’Italia in versione autunnale, da provare a vincere con Vincenzo Nibali. Il perginese Nicola Conci, 23enne alla terza stagione tra i professionisti, sarà chiamato a sostenere le ambizioni in rosa del suo nuovo capitano. «Un maestro di semplicità» come lo definisce Conci, che dal 10 luglio è in ritiro con i compagni di squadra della Trek Segafredo a Passo San Pellegrino, dove si fermerà fino a venerdì.

Conci, come sono andati i primi dieci giorni?

Bene. I primi due sono stati di adattamento, senza lavori specifici. Poi abbiamo iniziato a pedalare con maggiore intensità e nel weekend abbiamo svolto un blocco di lavoro importante. Quando scenderemo dal San Pellegrino mancherà una settimana alla Strade Bianche, la corsa della ripresa.

Quante ore avete trascorso in sella nell’ultima settimana?

Una trentina. Non tantissime, ma tutte intense. Venerdì abbiamo fatto un allenamento di 5 ore con 4.000 metri di dislivello. Le salite qui non mancano e le discese durano al massimo 15 minuti. Non c’è molto tempo per recuperare.

Che impressione ha di Nibali?

È una persona semplicissima, un tranquillone. Quando siamo in bici capita di vederlo “giocare” in sella. Non è il professionista che vive nel suo mondo. Dà importanza ai compagni, sa fare gruppo. Sono cose che fanno bene al clima di squadra.

Le ha dato qualche consiglio?

Certamente, ma sono io che devo guardare cosa fa, imparare con gli occhi. Vincenzo è una persona semplice, in bici e a tavola. Penso sia la cosa più importante da imparare da lui. La semplicità è una gran dote.

Ci aveva raccontato di voler portare i compagni di squadra nella “sua” Valsugana, sulle abituali strade d’allenamento. Riuscirà a farlo?

Ho proposto di scalare il Passo Manghen, di fare un giro nella Valle dei Mocheni e di rientrare affrontando il Redebus. Un’uscita da sette ore circa, da proporre in una giornata in cui dovremo mettere chilometri nelle gambe: probabilmente martedì o mercoledì.

A Passo San Pellegrino c’è anche la Deceuninck-Quick Step. Avete incrociato i colleghi della squadra belga?

Sì, abbiamo avuto modo di scambiare pure qualche chiacchiera. Anche la Bahrein Merida è in ritiro qui e ci sono altre squadre. Di bici ne girano parecchie.

Lunedì scorso Evenepoel e compagni sono andati a provare l’arrivo di tappa del Giro d’Italia di Madonna di Campiglio. Ne approfitterete anche voi?

Non abbiamo in programma una ricognizione sul percorso della tappa trentina. Magari Nibali andrà a provarla in un secondo momento. Le salite, alla fine, sono sempre salite. Lui le conosce bene e l’esperienza non gli manca.

Su cosa vi concentrerete nell’ultima settimana di ritiro?

Si lavorerà di più sulla soglia e sul fuori soglia. Bisogna preparare il cuore e le gambe agli sforzi importanti di una gara.

Lei come si sente?

Bene. I primi giorni ho patito un po’ l’altura, anche giù dalla bici. Sembra strano, ma è così. Me ne sono accorto facendo le scale dell’albergo.

Come si sviluppa una giornata tipo in ritiro?

Sveglia alle 7.30, ci si pesa e poi si va a fare colazione. Alle 9.30 si parte in bici e l’ora del pranzo è variabile. Venerdì, ad esempio, abbiamo pranzato alle 16. Nel pomeriggio si torna in camera, si fanno i massaggi e infine si cena. Quando rimane un po’ di tempo si fa qualche esercizio a corpo libero.

In albergo tutti in camera singola?

Sì, nel rispetto delle norme. Appena arrivati a Passo San Pellegrino ci hanno sottoposti a tampone ed esame sierologico, per poter iniziare a lavorare in tranquillità.

La procedura andrà ripetuta più volte nelle prossime settimane.

L’Unione Ciclistica Internazionale ci ha chiesto di fare il tampone sei giorni e tre giorni prima delle gare. La prima corsa sarà la Strade Bianche, l’1 agosto. Un tampone lo faremo qui, per il secondo dovrò arrangiarmi. Lo farò a Pergine, ho già trovato dove andare a farlo. Dovremo abituarci a questa procedura: è comprensibile, ma un po’ macchinosa e ad alcuni potrà creare qualche problema.

In squadra siete costantemente monitorati. Come gestite i contatti con l’esterno?

Quando si avvicina qualcuno, mettiamo la mascherina e chiediamo di farlo anche per le foto. Tutti, finora, ci hanno capito e assecondato. Con Vincenzo capita spesso di essere avvicinati. Cerchiamo di mantenere le distanze e di prendere le dovute precauzioni.

Chi tiene banco a tavola?

Ciccone è il più vivace e scherzoso. Ci fa ridere e non poco.

Il gruppo presente a Passo San Pellegrino è composto in gran parte da atleti italiani. Fa eccezione il neo arrivato Pieter Weening, olandese.

Lui non parla italiano. Io con l’inglese me la cavo e quindi, quando posso, cerco di parlare con lui.

Sognando in rosa con Nibali, da cui Nicola proverà a imparare non solo la semplicità (che già gli appartiene), ma anche a vincere. Un’altra cosa che al perginese, fin da giovane, è sempre riuscita particolarmente bene.













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