La prima volta di Benedetti
Pinerolo (torino). Il 102esimo Giro d’Italia di ciclismo si accende sul finire della seconda settimana, in quella che una volta era la madre di tutte le tappe e che al giorno d’oggi, invece, conserva...
Pinerolo (torino). Il 102esimo Giro d’Italia di ciclismo si accende sul finire della seconda settimana, in quella che una volta era la madre di tutte le tappe e che al giorno d’oggi, invece, conserva soltanto il ricordo dell’impresa di Fausto Coppi, vecchia di 70 anni, ma non certo sbiadita. A incendiare la corsa il primo (di una lunga serie) Gran premio della montagna di prima categoria e il muro finale di via Principi d’Acaja: 450 metri al 14% con punte del 20. Ma anche una fuga scattata poco dopo il via, che ha rimescolato le carte e contribuito a ridisegnare la classifica.
Sotto gli occhi di Merckx
Davanti agli occhi di “Sua maestà” Eddy Merckx, il successo di tappa è andato a Cesare Benedetti, gregario trentino di 31 anni nella Bora-Hansgrohe, mentre la maglia rosa ha cambiato padrone, finendo sulle spalle di un altro sloveno, Jan Polanc. Ed è singolare come i primi due posti della classifica generale siano occupati da altrettanti corridori sloveni: Polanc, appunto, e Primoz Roglic. Mai, prima di quest’anno, il Paese attaccato all’Italia era salito così in alto nel ciclismo. Una conferma di come la geografia di questo sport sia ormai cambiata in modo sostanziale. La tappa odierna ha fornito indicazioni importanti sugli scenari e le ambizioni dei big. Ha fatto capire che, nelle prossime tappe, ci da divertirsi, ma non solo: che Vincenzo Nibali, Mikel Landa e Richard Carapaz sono pronti a dare battaglia per colmare il divario da Roglic, attualmente secondo in classifica, ma primo fra gli atleti di spicco.
Roglic è attaccabile
E ha detto che Roglic, apparso insuperabile a cronometro, può essere attaccato e, magari chissà, essere messo anche alle corde. Molto dipenderà dai giochi di squadra, dalla condizione dei gregari e dalle strategie che, in un ciclismo sempre meno individualista, possono spostare gli equilibri. Nibali ha dalla sua un Damiano Caruso (ieri secondo) totalmente recuperato dall’influenza dei giorni scorsi; Miguel Angel Lopez può fare affidamento sulla forza d’urto dell’Astana, Mikel Landa - che ha ammesso di puntare al podio - su un alleato come Carapaz.
Cesare subito in fuga
Ieri la gara ha preso subito una piega ben definita. Pronti, via, fuga, con dentro i tedeschi Jasha Suetterlin, Roger Kluge e Christian Knees, Francesco Gavazzi, Matteo Montaguti, Manuele Boaro, Dario Cataldo, Damiano Caruso, Luca Covili, Manuel Senni, Cesare Benedetti, Eros Capecchi, Gianluca Brambilla, Enrico Gasparotto, il ceco Josef Cerny, lo statunitense Sean Bennett, lo svedese Tobias Ludvigsson, gli irlandesi Eddie Dunbar e Conor Dunne, i belgi Jan Bakelants, Jenthe Biermans e Thomas De Gendt, lo svizzero Danilo Wyss, l'austriaco Marco Haller e lo sloveno Jan Polanc. Nessuno poteva prevedere un vantaggio di oltre un quarto d’ora, né che tra i fuggitivi ci fosse la nuova maglia rosa, oltre al vincitore di tappa.
Landa e Lopez volano in salita
La salita del Montoso fino ai 1.248 metri ha esaltato le qualità di Landa e Lopez, partiti a tutta e subito apparsi in grado di fare la differenza, Nibali è rimasto nelle prime posizioni, mentre Roglic invitava tutti ad andare, senza preoccuparsi di prendere in mano il comando delle operazioni. Furbata o limite fisico-atletico? Già dalla tappa di Oggi se ne saprà di più. Il muro finale di via Principi d'Acaja è stato severo e selettivo, come sempre, riducendo al minimo le velleità di chi attaccava e di chi inseguiva, dando uno scossone alla classifica. Benedetti ha lasciato che i compagni di fuga si sfidassero, per riprenderli dopo lo scollinamento e batterli con una volata da manale, cogliendo la prima grande vittoria della sua carriera.
Da oggi le vere salite
Da oggi il Giro d’Italia sale in quota e chi ne avrà può provarci a rendere la corsa un campo di battaglia. Osando e combattendo, ma soprattutto pedalando. Come Cesare Benedetti.