La credibilità del ciclismo ai tempi di Froome
Dumoulin e tanti altri non l'avrebbero voluto al via del Giro d'Italia, chi fatto un uso "disinvolto" del Ventolin prima di lui è stato sospeso e squalificato. Ma il "coretto adorante" lo applaude
La partecipazione di Chris Froome al Giro d’Italia «non è sicuramente un bene per il ciclismo». Lo disse, alla vigilia della prima tappa dell’edizione 2018 della Corsa Rosa, non un paladino dell’antidoping qualsiasi, bensì il campione uscente Tom Dumoulin, ed è bene ricordarlo, nel giorno del trionfo del “keniano bianco” a Roma.
Le voci più “autorevoli” del coro adorante sostengono che non vi fosse modo d’impedire al quattro volte vincitore del Tour de France di prendere parte alla grande corsa a tappe italiana. Quella in cui Froome è incappato alla Vuelta 2017 – vinta a sua volta – non è infatti una “positività” all’antidoping, quanto piuttosto il presunto superamento dei limiti stabiliti per l’uso terapeutico del salbutamolo (principio attivo del Ventolin), che al britannico del Team Sky è stato appunto autorizzato per la cura dell’asma. Con lo staff di Sir David John Brailsford tuttora impegnato a dimostrare che non ci sarebbe stato nemmeno il superamento (il dato dei metaboliti sarebbe da ricondurre non già ad un numero parossistico di puff, quanto alle condizioni fisiologiche del ciclista britannico alla Vuelta), l’Uci ha deciso di non disporre la sospensione cautelare del corridore. E il corridore, ovviamente, corre. E come corre.
Detto che a Diego Ulissi (riscontratagli una quantità ingiustificata di salbutamolo, venne sospeso dalla sua squadra e rimediò 9 mesi di squalifica) e ad Alessandro Petacchi (squalifica di un anno inflitta e poi revocata dalla Federciclismo ma poi confermata dal TAS, con cancellazione di cinque vittorie al Giro 2007) andò molto peggio che al “keniano bianco”, l’impressione è che siano stati adottati pesi e misure diverse è chiara. Mentre l’Italia del ciclismo (tutta o quasi) plaude all’impresa “alla Pantani” di Froome sul Colle delle Finestre, provate a farvi un giro su Twitter per vedere come viene commentata all’estero, specie dai francesi. A farne le spese, come aveva anticipato quasi un mese fa Tom Dumoulin, è ovviamente la credibilità del ciclismo.
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