Il Var declassa Viviani: tappa a Gaviria
Orbetello (grosseto). Prima la gioia, poi la delusione, infine la rabbia. Elia Viviani esulta sul traguardo di Orbetello, dove si è conclusa la terza tappa del Giro d'Italia, mostrando la maglia...
Orbetello (grosseto). Prima la gioia, poi la delusione, infine la rabbia. Elia Viviani esulta sul traguardo di Orbetello, dove si è conclusa la terza tappa del Giro d'Italia, mostrando la maglia tricolore di campione italiano. La sua gioia, però, dura solo qualche minuto, poi il veronese si vede annullare il primo successo in questa corsa rosa.
Domenica era stato il tedesco Pascal Ackermann, a Fucecchio, a precederlo sul traguardo, negandogli la prima soddisfazione; ieri è stata la Var - che per il secondo anno scruta gli accadimenti del Giro - a precludergli il trionfo. Il successo viene assegnato a Fernando Gaviria che si presenta in ritardo sul podio e non esulta nemmeno. Il colombiano evidentemente non ama gioire delle disgrazie altrui e anzi confessa che, per lui, «la volata era regolare». Una lezione di sportività e di onestà intellettuale che fa onore a lui e a tutto il ciclismo. Viviani viene sanzionato (e retrocesso in classifica al 73esimo posto, l'ultimo del gruppo dei primi) «per un cambio di direzione», dunque «per volata irregolare», dal momento che - secondo i giudici alla Var - ha intralciato il transito di Matteo Moschetti, alla fine quarto dell'ordine d’arrivo. Per Gaviria, Viviani «è un corridore corretto», per i giudici è chiaro che no. Ha ostacolato un avversario. Viviani, ovviamente, non l'ha presa bene e, dopo essere andato a discutere personalmente il ricorso avverso la sanzione affibbiatagli, è uscito dal pullman Var, è risalito in bici ed è tornato in albergo, pensieroso e assai scuro in volto.
Il finale-thrilling ha polarizzato l'attenzione di una tappa lunga e caratterizzata dal vento, con il giapponese Sho Hatsuyama partito al chilometro zero e rimasto in fuga per diverso tempo. Ripreso ai -75 km, il giapponese è sparito nei meandri del gruppo che ha portato in carrozza i big, dalla maglia rosa Primoz Roglic a Simon Yates, da Vincenzo Nibali a Miguel Angel Lopez e Tom Dumoulin, fino al traguardo. Tutto scontato, tutto bello, tutto vero, tranne il veleno che, come spesso avviene, era nella coda.