Giro d’Italia, i “numeri” di Cece Benedetti
I dati del ciclocomputer: 3.563 km, 49.717 metri di dislivello, 71.717 chilocalorie e lunghi trasferimenti
Domenica si è concluso a Roma il Giro d’Italia numero 101, quello che verrà ricordato per l’impresa di Chris Froome e le crisi di Yates, Aru e Pinot. Un Giro combattuto dal primo all’ultimo giorno, una fatica di tre settimane a cui si può dare una dimensione attraverso i numeri: 3.563 chilometri coperti, 49.717 metri di dislivello positivo, 71.717 chilocalorie bruciate, 2.143 chilometri in pullman per i trasferimenti pre e post tappa e due voli, dall’Israele alla Sicilia e da Torino per raggiungere Roma. Sono i numeri del Giro d’Italia di Cesare Benedetti che, durante le tre settimane di corsa, ha raccontato ai nostri lettori la sua fatica e le sue emozioni attraverso un personale diario in rosa. Terminato il Giro, Benedetti ha scaricato i dati registrati sul proprio computer di bordo, che rendono l’idea dello stress fisico e psicologico a cui sono sottoposti i corridori in una grande gara a tappe. Non solo chi lotta per vincerla, ma anche chi, come il trentino della Bora Hansgrohe, ha lavorato a fondo per la squadra, che ha colto tre successi di tappa con Sam Bennett e ha piazzato due propri atleti nella top 10 della classifica generale (Patrick Konrad e Davide Formolo).
Nelle 21 frazioni del Giro, Benedetti ha bruciato in totale 71.717 chilocalorie, per una media di 3.415 chilocalorie a giornata. La tappa in cui il trentino ha speso di più è stata la decima, la Penne-Gualdo Tadino: lungo i 244 chilometri del percorso, il più lungo in assoluto tra quelli proposti nell’edizione 2018 della corsa rosa, Benedetti ha bruciato 5321 chilocalorie, rimasto staccato dopo pochi chilometri e costretto a inseguire assieme a Viviani e compagni per rimanere nel tempo massimo. Notevole anche il numero dei metri di dislivello positivo coperti nelle 21 giornate di gara: in totale 49.717, di cui 4.622 solamente nella Venaria Reale-Bardonecchia, la tappa con il Colle delle Finestre, quella dell’impresa di Chris Froome.
«La Penne-Gualdo Tadino è stata in assoluto la tappa più difficile a livello morale – spiega Benedetti – Un’intera giornata a inseguire. Sotto il profilo fisico, invece, la più dura è stata quella del Colle delle Finestre, sia per il profilo altimetrico del percorso che per la condotta di gara imposta dal vincitore del Giro».
Una corsa rosa combattuta, stressante dall’inizio alla fine. «Se faccio un paragone con la mia esperienza al Tour de France 2016, il Giro di quest’anno è stato decisamente più impegnativo, uno dei più combattuti degli ultimi anni – argomenta Benedetti – In volata c’è meno stress rispetto al Tour, ma noi avevamo uno dei due velocisti top (Bennett, ndr) e le tappe per gli sprinter, di conseguenza, stressanti lo sono diventate. Anche i percorsi, al Tour, sono meno impegnativi: nel 2016 in Francia feci tutta la corsa usando al massimo il 39, qui invece ho dovuto montare il 36x30 per affrontare lo Zoncolan e il Colle delle Finestre».
Tanti anche i chilometri di trasferimento coperti in pullman per raggiungere le varie sedi di partenza e, soprattutto, per spostarsi dalla zona d’arrivo a quella dello start della frazione successiva. Il trasferimento più lungo è stato effettuato al termine della 15esima tappa, la Tolmezzo-Sappada, oltre 200 chilometri per lasciare la località friulana e raggiungere Trento per la cronometro con arrivo a Rovereto.
Ieri, dopo essere rientrato a Roma in nottata, Cesare ha dovuto affrontare un nuovo viaggio in macchina per prendere parte alla kermesse serale di Montebelluna. Poi, ad attenderlo, ci saranno il Gp di Gippingen, la Rund um Köln e il Giro di Slovenia (13-17 giugno). Con un Giro in più nelle gambe.
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