Giordani “dentro” la crisi: «Non funziona il sistema»
L’anima del Palio tra sponsor sempre più difficili da trovare, scarsa sensibilità del pubblico italiano per gli sport olimpici e momentaccio dell’atletica italiana
ROVERETO. Il Palio della Quercia è, da decenni, uno dei momenti più alti – forse il più alto in assoluto – dell’annata sportiva del Trentino e anche l’occasione per tastare il polso all’atletica nazionale. Lo abbiamo fatto, anche in questa occasione, con l’anima del meeting roveretano, Carlo Giordani. Come succede ormai da anni, le note dolenti non mancano: dalle difficoltà nel reperimento delle risorse all’interesse del grande pubblico, fino al momento difficilissimo vissuto dal movimento azzurro, sottolineato anche dal bilancio – magrissimo – dei Mondiali di Londra. «Quella con cui ci confrontiamo è una situazione generalizzata, le difficoltà per gli organizzatori di grandi eventi sportivi in Italia sono sempre maggiori – spiega Giordani – Non abbiamo nulla da rimproverare agli enti pubblici, Regione, Provincia e Comune, che hanno confermato gli interventi dell’anno scorso. La risposta degli sponsor privati, invece, eccezion fatta per quelli storici, non è soddisfacente. La battaglia per sopravvivere, così, è sempre più difficile».
E Giordani non si lamenta nemmeno del pubblico accorso allo stadio Quercia. «Detto che l’importanza dell’incasso legato alla vendita dei biglietti è marginale, non possiamo dimenticare che Rovereto è una città di 40 mila abitanti. Se, contando anche biglietti omaggio e accrediti, riusciamo a portare allo stadio 4 mila persone, quante centinaia di migliaia di spettatori dovrebbe fare il Golden Gala? Il problema è di natura culturale: il meeting di Zurigo ha un milione d’incasso, agli Europei di pallavolo in Polonia i palazzetti sono sempre pieni, sono cose che in Italia non succedono».
Eccezion fatta per i nomi più altisonanti («Gatlin venne per poco perché aveva appena scontato una lunga squalifica», ricorda Giordani), gli organizzatori del Palio non possono certo pagare ricchi “gettoni”. «Facciamo parte di un circuito che ha un montepremi da suddividere in base ai piazzamenti, per qualche atleta facciamo delle eccezioni legate all’eventuale record del meeting, di più non possiamo permetterci».
L’altro problema è il momentaccio dell’atletica azzurra: «Dopo i Mondiali di Londra, tra infortunati, delusi e atleti che hanno semplicemente chiuso la stagione, è un deserto – prosegue il dirigente sportivo roveretano – La crisi viene da lontano, è inutile tirare in ballo le responsabilità del presidente Giomi e del direttore tecnico Locatelli. Non funziona il sistema: le società non hanno professionalità, ci si allena dopo le 18. Non gestiamo i talenti e i gruppi sportivi militari, che sarebbero una risorsa, finiscono per essere parte del problema, perché gli atleti che vi approdano rischiano di diventare dei “baby pensionati”: senza il fuoco dentro, non si va da nessuna parte. Il decentramento era un’ottima idea, ma non ha funzionato per la mancanza di strutture – conclude Giordani – A questo punto è meglio tornare ad una centralizzazione intelligente».
Twitter: @mauridigiangiac
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