Giacomel: «Grande Wierer ma il mio modello è Hofer»
Biathlon. Il primierotto è il primo millenial a punti in Coppa del mondo. «Abbiamo gareggiato in una situazione surreale, al Nord non si rendono conto della gravità dell’emergenza Covid-19»
La strada da fare è ancora tanta, ma un primato Tommaso Giacomel lo ha già fatto segnare. A vent’anni ancora da compiere, il promettente atleta di Imer è stato il primo millennial a conquistare punti nella Coppa del Mondo di biathlon. Lo ha fatto nella gara del debutto, 27esimo nella sprint di Nove Mesto (Repubblica Ceca) del 7 marzo scorso, con un percorso netto al poligono, poi bravo a ripetersi nello scorso weekend a Koniolahti, 39esimo nell’inseguimento grazie a una gara tutta in rimonta. Quello finlandese è stato l’ultimo appuntamento del massimo circuito internazionale, complice l’annullamento delle finali (in programma in Norvegia) per l’emergenza Covid-19.
In che clima si è gareggiato in Finlandia?
«L’atmosfera era surreale – replica Giacomel - Eravamo tutti preoccupati perché al Nord non si sono ancora resi conto della gravità della situazione. Quando siamo arrivati ci hanno misurato la febbre, nulla più, mentre nel viaggio di rientro non siamo stati sottoposti ad alcun controllo».
Tornando alle competizioni, si aspettava l’exploit di Nove Mesto?
«Riuscire a conquistare punti alla prima gara in Coppa del Mondo mi ha fatto felice, anche se non credo di aver fatto nulla di straordinario – spiega il primierotto – Sono contento per la bella prestazione al tiro e per il piazzamento, soprattutto perché sugli sci non mi sono sentito granché bene. Sono partito tra gli ultimi, costretto a fare i conti con una neve pesante, lenta. Viste le condizioni in cui ho gareggiato, posso essere soddisfatto».
Marzo è il suo mese: nel 2018 arrivo l’argento nella sprint ai Mondiali Giovanili, nel 2019 il bronzo sempre nella sprint agli Europei junior. Quest’anno i primi punti in Coppa del Mondo.
«Ed è andata bene anche a Kontiolahti – aggiunge Giacomel - Qualificarsi per l’inseguimento con due errori al tito nella sprint (chiusa al 59esimo posto, ndr) non è una cosa banale. L’inseguimento si è svolto con condizioni di vento complicate, ma ho comunque recuperato molto terreno, conquistando di nuovo punti».
Come avete vissuto, in squadra, il trionfo di Dorothea Wierer?
«Dorothea è stata bravissima – replica il classe 2000 di Imer - Prima delle gare era molto tesa: abbiamo cercato di farla sorridere, di non farla pensare troppo alle competizioni. Si è dimostrata una vera campionessa»
Ha un suo atleta di riferimento?
«Il mio modello è David Hofer – replica Giacomel – Si è dimostrato estremamente disponibile con noi giovani. Ci è stato vicino, ci ha “guidato”. È una fortuna poter contare sull’aiuto di un atleta che vanta dieci anni di esperienza in Coppa del Mondo».
Come è nata la sua passione per il biathlon?
«Mi ha sempre affascinato – replica il promettente atleta cresciuto nell’Us Primiero – Ho praticato lo sci di fondo fino a 13 anni. Quando ho avuto la possibilità di provare a prendere in mano una carabina a aria compressa, l’ho fatto. E da lì non me ne sono più staccato. Il biathlon è uno sport spettacolare, unico nel proprio genere perché abbina due discipline completamente differenti».
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