Federer, il vero re del tennis è tornato

King Roger di nuovo in vetta alla classifica mondiale: ecco perché è il più grande di sempre


di Pierluigi Depentori


Re Roger Federer è tornato. Nel tempio del tennis di Wimbledon - dove la storia pesa in ogni angolo del campo - anche l'erba pare essersi inchinata al suo dominatore, al ragazzo dal talento d'oro che torna in vetta alla classifica mondiale dopo aver battuto in finale Andy Murray, e spingendo all'indietro la generazione terribile dei cybertennisti che sembrano usciti dai videogames. E pensare che qualcuno l'aveva già definito un “bollito” quando aveva iniziato a prenderle di santa ragione da Nadal e Djokovic.

Ma lui no, aveva solo deciso di tirare un po' il fiato e riprendere la rincorsa al mito, con quel suo rovescio in back capace di disegnare nell'aria dei tagli manco fosse Lucio Fontana, con la palla che si affloscia su sé stessa per non rialzarsi più, mimetizzarsi con il campo e diventare ingiocabile per chiunque. Diciamo la verità. In quanti, dopo aver raggiunto la vetta della classifica mondiale per 285 settimane, sarebbero stati capaci di proseguire per due anni ingoiando rospi su rospi, mettendo quasi in forse la sua forza, la sua grazia, il suo stile da Michelangelo della racchetta? Solo i grandissimi sanno tornare lassù, sulla cima del mondo, e tornare a salutare con un sorriso un po’ impacciato e un semplice “bye bye” gli avversari.

Con la vittoria di ieri a Wimbledon, Federer ha raggiunto l'incredibile traguardo di 17 trionfi nei tornei del Grande Slam (nessuno come lui) e ha uguagliato con 286 settimane di primato il record di Pete Sampras, che fra una settimana scenderà dalla storia definitivamente. Ma, soprattutto, ha dimostrato che il talento puro è ancora superiore ai muscoli, ai materiali e al passare del tempo. Basta vederlo servire, King Roger, o guardare mentre il suo dritto quasi-piatto va ad incunearsi proprio all'incrocio delle righe, o ancora osservare a bocca aperta l'arte sopraffina del suo rovescio a una mano in un tempo di rovesci-bimani-tutti-uguali. C'è un po' di tutto, in quei gesti così elastici: il genio di John McEnroe, l'eleganza di Rod Laver, la resistenza di Jimbo Connors, la regolarità di Bjorn Borg, la potenza di Ivan Lendl, il servizio di Pete Sampras, il gioco al volo di Stefan Edberg e l'istinto killer di Boris Becker. Come se un pezzo di ogni campione si fosse fuso in un meccanismo perfetto, anche se nessuno di tutti questi grandi geni del tennis aveva la “tenacia alpina” da svizzero montanaro che noi trentini possiamo capire bene.

E già lo immaginiamo tornare nella sua amata Basilea e festeggiare con gli amici di sempre, quelli di quando era bambino e che ogni volta che torna a casa gli fanno suonare i campanacci delle mucche sotto casa, perché Federer è così, sempre quel bambinone così bravo con la racchetta ma così normale fuori dal campo, con la vecchia morosa poi diventata sua moglie, con i suoi gemellini a riempirgli le giornate quando non è sui campi a dispensare magie. Grande, grandissimo Re Roger. Ci hai fatto emozionare e tornare tifosi di uno sport che sembrava solo nostalgia, come quella volta che entrasti in campo - sempre a Wimbledon, e dove sennò? - con i pantaloni lunghi bianchi e la giacca di flanella, e giù tutti ad applaudirlo per quel gesto, ma anche per la sua tecnica da gran maestro. Perché già allora - era il 2007 - tutti sapevano che Federer era destinato ad entrare nella storia del tennis dalla porta principale.

Chissà se riuscirà a deliziarci ancora a lungo, con quel suo gioco senza tempo. E proprio adesso che torna sulla vetta del mondo inizia a salire un po’ di nostalgia perché a trent’anni suonati è sempre più dura combattere con i cybertennisti che ti prendono a pallate ad ogni turno, e ogni incontro va gustato a fondo come un bicchiere di vino d’annata, sapendo che potrebbe anche non essercene più.

Game, set and match, mister Federer. La storia, adesso, è soltanto tua.













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