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Da Jannacci a Rivera: "Quelli che..." Beppe Viola

Morto nel 1982 mentre montava la sintesi di Inter-Napoli fu uno dei più grandi giornalisti sportivi della Rai ma scrisse anche canzoni e sceneggiature di film


Luca Pianesi


TRENTO. Era amicissimo di Cochi e Renato, Enzo Jannacci e Teo Teocoli. Insieme si sedevano al tavolino di un bar e, pronti-via, aprivano il cosiddetto “Ufficio facce”. Chiunque entrava veniva squadrato e identificato: ecco lì un interista, per come camminava, un milanista, per lo sguardo particolare, uno juventino, per come si vestiva, o un napoletano, per come gesticolava. Era, infatti, prima di tutto un uomo di spirito Beppe Viola. Meneghino fino al midollo, amico di alcuni dei grandi comici del mitico Derby Club, il locale fondato dagli zii materni di Diego Abatantuono, dal quale emergeranno alcuni dei più grandi comici italiani da Massimo Boldi ai già nominati Teocoli e Pozzetto per passare a Paolo Villaggio e Lino Toffolo fino allo stesso Abatantuono.

Spesso e volentieri era lo stesso Beppe Viola a scrivere i testi delle loro gag, delle loro battute e, nel caso di Jannacci, contribuì in prima persona al suo successo scrivendo per lui canzoni (assieme anche a Lina Wertmüller) come Tira a campà, Rido, Saxophone e Quelli che..., con lui, per Mina come Vita, vita. A Jannacci lo legava un’amicizia autentica riaffermata dall’amico artista anche poco tempo dopo la sua morte, con una canzone a lui dedicata e intitolata L’amico. E d’altronde quando un’emorragia celebrale lo strappò alla vita, il 17 ottobre 1982, a dare la notizia della sua morte con un lapidario «se n’è andato» pronunciato nei corridoi del Fatebenefratelli fu proprio il suo medico personale, il dottor Enzo Jannacci.

Quella domenica Beppe Viola era negli studi della Rai e stava montando la sintesi di un Inter-Napoli (per la cronaca finita 2 a 2 con reti di Oriali e Altobelli per i nerazzurri e di Criscimanni e Marino per il Napoli) perché, prima di essere autore di canzoni, scenografo e scrittore Viola era un giornalista sportivo. Un giornalista sportivo sui generis. Uno che dopo un Milan-Inter «giocato in modo inverecondo - disse - un vero derbycidio» finito 0 a 0, mandò in onda la sintesi di un altro derby, quello del 2 febbraio 1963, finito anche quello in pareggio (1 a 1) ma spettacolare e avvincente con quello che è rimasto il gol più veloce della storia della stracittadina milanese: 13 secondi e Mazzola era già andato in rete con una serie di passaggi da far invidia al moderno tiki taka del Barcellona.

In Rai ci arrivò nel 1961 e nel ’63 si consacrò con il più classico dei colpi di fortuna: era il 22 maggio e Milan e Benfica si giocavano la finale di Coppa dei Campioni a Wembley. In campo agli ordini di Rocco c’erano Trapattoni, Rivera e Altafini mentre dall’altra i portoghesi erano guidati da Eusebio. Carosio comincia la telecronaca ma poi cade la linea dall’Inghilterra e dallo studio subentra il 24enne Viola che, da milanista, racconta l’1 a 0 siglato dalla “Pantera Nera”. Riappare la voce del “titolare” Carosio e arriva l’1 a 1 di Altafini ma nella ripresa salta ancora il collegamento e tocca alla “riserva” descrivere la seconda rete di Altafini. Poi ci furono le storiche interviste a Gianni Rivera sul tram numero 15, i collegamenti della Domenica Sportiva, le collaborazioni con riviste come Linus che ai fumetti affiancava rubriche di cultura, satira e arte varia e tra queste quella di Viola, Vite vere dove poteva esprimersi a ruota libera forte della sua vena umorista e di sceneggiatore di storie.

Sceneggiatore, lo fu, davvero, anche di film. In Romanzo Popolare, il film di Monicelli con Ugo Tognazzi, Michele Placido e Ornella Muti (e con le musiche, tanto per cambiare, di Jannacci) oltre a fare lo sceneggiatore partecipò anche con un rapido cammeo. In Cattivi Pensieri (diretto da Tognazzi, con lo stesso Tognazzi ed Edwige Fenech) si limitò a scrivere sceneggiatura e dialoghi. Insomma Beppe Viola fu “un uomo a tutto tondo” e a lui nel 1982 venne dedicato il Trofeo Città di Arco. «Il nostro torneo esisteva già da 10 anni - racconta il patron Franco Viola (che a dispetto del cognome con Beppe non centra nulla) - e nell’82 abbiamo avuto l’intuizione di dedicare un premio giornalistico alla memoria di quel grande giornalista Rai da poco scomparso e di intitolargli, poi, tutto il torneo. Quello è stato il grande volano della competizione. Da quell’anno la Rai ha sentito “suo” il Città di Arco e lo ha seguito con costanza. Anche così che siamo diventati la più importante manifestazione di calcio giovanile nazionale». Anche grazie a Beppe Viola.













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