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Cornelius, da Lampedusa ai gol con l'Avio

Il giovane attaccante nigeriano è stato scoperto mentre viveva al campo profughi di Marco dove era giunto dopo un'odissea attraverso il deserto, la Libia e il Mediterraneo


Luca Pianesi


TRENTO. Francis Cornelius è una forza della natura: 1 metro e 90 di altezza per 100 chili di muscoli, una progressione da centometrista e un tiro esplosivo, potentissimo, «roba che si ti colpisce ti lascia il segno del pallone addosso», racconta il suo allenatore, Massimo Salvaterra. Il giovane, classe ’91, è stato notato a Marco nel campetto dell’oratorio mentre giocava a calcio con i ragazzi del paese, dal papà di uno dei tesserati dell’Alense. Passata la notizia ai dirigenti, la squadra di Ala (che sta ben figurando nel campionato regionale di Eccellenza dove è quarta) non s’è fatta scappare l’occasione e dopo averlo provato con la prima squadra lo ha girato all’Avio (Seconda categoria).

«Loro sapevano che noi per il girone di ritorno volevamo rafforzare la squadra - spiega Salvaterra mister dell’Avio - e così c’hanno proposto di tesserare Cornelius. C’hanno detto: “Ha delle doti pazzesche però è totalmente indisciplinato in campo. Se riuscite ad inquadrarlo sicuramente potrà darvi una mano e, perché no, poi potrebbe tornare a dare una mano anche a noi in Eccellenza”. E così ci siamo messi a lavorare con lui che vuole fare la punta. Stiamo cercando di spiegargli come si sta in campo, come si gioca di squadra e come ci si deve approcciare con delle difese organizzate». Cornelius, infatti, fino a pochi mesi fa non aveva che giocato nei campetti di oratorio. In Nigeria, da ragazzino, la palla veniva gettata in mezzo a campi polverosi con porte improvvisate e poi via, ognun per se, a testa bassa, con l’unico obiettivo di segnare più gol possibili. Ed anche in Libia era così.

«Frencis non parla volentieri del suo passato - prosegue Massimo Salvaterra - e i suoi occhi, quando mi racconta le poche cose che decide di condividere con me, mi spiegano senza tanti giri di parole la ragione del suo silenzio. La guerra lo ha strappato dai suoi genitori quando aveva 10 anni e da quel momento non ha più avuto loro notizie. Sa, invece, di avere un fratello gemello, in un collegio nigeriano. Con lui è ancora in contatto anche se non lo vede dal 2003. Cornelius, infatti, ha abbandonato il suo Paese qualche anno fa per cercare un futuro migliore. A piedi ha attraversato il deserto. Sono partiti in 30 e sono arrivati in 3. Gli altri sono tutti morti di sete. Viaggiavano di notte, quando era più fresco, e di giorno si fermavano cercando di conservare le forze. Per sopravvivere hanno anche dovuto bere la loro urina. Era l’unico modo per salvarsi. Una volta in Libia un “caporale” lo ha preso con sé e lo ha messo a lavorare in un carcere a fare le pulizie. Non lo pagava: gli dava il vitto e l’alloggio. Poi nel 2013 gli ha detto: “Adesso basta. Sei stato bravo, hai sempre lavorato sodo e bene. Ti lascio andare” e gli ha pagato il viaggio in barca verso la Sicilia».

Francis ha quindi affrontato uno di quei tanti viaggi della speranza con il barcone ed è sbarcato a Lampedusa. Di questa parte della sua Odissea non ha mai raccontato nulla. L’unica cosa che ha detto al suo mister, Massimo, è che la notte dorme poco perché quando chiude gli occhi rivive quei momenti e rivede le facce dei suoi compagni di viaggio. Da Lampedusa è quindi finito a Rovereto, al campo profughi di Marco e da lì a Borgo Sacco dove vive in un piccolo appartamento con altri 5 profughi. «Cornelius è perfettamente in regola - prosegue Salvaterra - visto che ha ricevuto il permesso di asilo politico. Il problema è il lavoro. Due, tre volte alla settimana sale sul treno che va fino a Borgo e si fa tutte le fermate in cerca di un’occupazione. Ma il momento è difficile per tutti e di conseguenza anche per lui. Per questo con i dirigenti della squadra ci stiamo già movendo per cercargli qualcosa non vogliamo lasciarlo solo ».

L’Avio, infatti, lo ha praticamente adottato: una volta a settimana il presidente gli fornisce una spesa con i generi di prima necessità. «Pasta, pane, carne. Cerchiamo di costruirgli una dieta che gli permetta di fare sport. Uno dei suoi problemi, infatti, è che soffre moto spesso di crampi - completa l’allenatore - perché ha un’alimentazione pessima. Con gli aiuti dello Stato questi ragazzi riescono a mangiare solo una volta al giorno ed essenzialmente fagioli, riso e un po’ di latte. Noi gli abbiamo fatto una cura di magnesio e potassio e lo stiamo aiutando con la fisioterapia. Ma tutta la squadra lo ha adottato, non solo i dirigenti. Ci ha conquistati tutti. Gli vogliamo molto bene e anche se come calciatore non cambierà le sorti dell’Avio ci aiuterà tutti a crescere come persone».













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