Invalsi: a scuola si ferma l’«effetto Covid», ma resta impreparato un maturando su due
I risultati dei test 2022: una vera e propria catastrofe al sud, male anche la matematica ma cala la dispersione
ROMA. Si cominciano ad arrestare i danni prodotti dalla pandemia che ha costretto per mesi alla chiusura degli istituti e alla didattica a distanza ma giunti alla fine del percorso, dopo 13 anni di scuola, quasi la metà degli studenti italiani non raggiunge la sufficienza nè in italiano nè in matematica, con esiti medi sotto la soglia attesa, per matematica, in 7 regioni del Centro-Sud - Lazio, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna - per italiano in 6 (le stesse tranne il Lazio) con il 55%-60% degli allievi che non raggiunge il livello base, fino ad arrivare a quasi il 70% in Sardegna.
Una catastrofe educativa che vede allargarsi ulteriormente i divari territoriali, quelli tra scuole e addirittura tra classi e fa assistere a perdite consistenti di apprendimento soprattutto tra gli allievi che provengono da contesti socio-economico-culturali più sfavorevoli.
I dati arrivano dai risultati dei test Invalsi 2022 presentati oggi (6 luglio), che tuttavia evidenziano anche alcune note positive: la tenuta della scuola primaria in questi anni di pandemia, con risultati simili in tutta Italia; la diminuzione della dispersione “implicita” (ovvero quella di chi si diploma ma non ha le competenze necessarie) soprattutto in due regioni, la Puglia (-4,3%) e la Calabria (-3,8%) e gli esiti dell'Inglese (sia listening sia reading) che sono in leggero e costante miglioramento in tutte le fasce d'età.
«La dad è stata uno strumento formidabile per far fronte ad una situazione di emergenza ma la scuola e l'università devono essere in presenza. L'Italia partecipa da più tempo di altri Paesi alle rilevazioni internazionali, i problemi che abbiamo di fronte sono di lunga data e sono stati accentuati dalla pandemia ma hanno la possibilità di avere soluzioni», ha detto alla presentazione del rapporto il presidente di Invalsi, Roberto Ricci.
Per il ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi «i dati dimostrano che abbiamo tenuto durante la pandemia e quest'anno siamo addirittura in fase di ripresa. Questo conforta sulla scelta di tornare in presenza, sulla quale non tutti erano d'accordo, che ha permesso di frenare la caduta e anche di iniziare la ripresa. Abbiamo delle cicatrici addosso, è vero, sulla matematica per esempio. La pandemia ha aumentato le differenze ma in alcune regioni del sud c'è stata una capacità di reazione, per esempio sulla dispersione. Ci vuole tempo: una pandemia così totale, non conclusa e così permeante, ha lasciato tracce ma il sistema esprime una volontà di reazione».
Il report di Invalsi dimostra come le fragilità che si evidenziano alle elementari si accentuano poi con il prosieguo degli studi.
Alle scuole medie, gli studenti che raggiungono risultati almeno adeguati, ossia in linea con quanto stabilito dalle Indicazioni nazionali, sono in Italiano il 61% (-1 punto percentuale rispetto al 2021), in matematica il 56% (invariato rispetto al 2021), Inglese-reading (A2): 78% (+2 punti percentuali rispetto al 2021), Inglese-listening (A2): 62% (+2 punti percentuali rispetto al 2021).
Per i presidi di Anp si «impone una riflessione molto seria sulla necessità di riformare la scuola».
Le prove hanno coinvolto quasi 2,5 milioni di studenti: oltre 920.000 della scuola primaria (classe II e classe V), circa 545.000 della scuola secondaria di primo grado (l'ultimo anno delle medie) e oltre 953.000 della scuola secondaria di secondo grado.