Legge sugli impianti a fune in Trentino, sindacati preoccupati: «Autorizzazioni quasi automatiche»
Largher della Uil: «Si rischia di sottrarre alle istituzioni pubbliche ogni potere di governo del territorio, con possibili ricadute negative su ambiente, occupazione e turismo sostenibile»
TRENTO. La Uil del Trentino interviene con forza in Terza Commissione in merito al disegno di legge provinciale 53/2025 sulla "Disciplina degli impianti a fune e delle piste da sci", esprimendo serie preoccupazioni rispetto alla proposta di passaggio dal regime concessorio a quello autorizzativo per la gestione degli impianti. Il segretario generale Walter Largher - in una nota - sottolinea come questa modifica non sia affatto neutra: "La concessione implica un controllo politico e strategico da parte della Pubblica Amministrazione. L'autorizzazione, invece, riduce drasticamente il margine di discrezionalità, trasformando il rilascio in un atto quasi automatico per i privati".
La UIL osserva che il testo del ddl non definisce in modo chiaro criteri procedurali, garanzie di trasparenza o limiti in caso di concorrenza tra più soggetti richiedenti. Ancora più grave è la mancanza di tutele per il territorio e i lavoratori nel caso in cui la gestione degli impianti passi a società esterne al Trentino o a fondi d'investimento internazionali. Nel disegno di legge si prevede inoltre un'ampia liberalizzazione delle attività: possibilità di ottenere servitù coattive, realizzazione forzata di strutture accessorie e trasferibilità automatica dell'autorizzazione anche per successione familiare.
Tutto ciò - evidenzia Largher - "rischia di sottrarre alle istituzioni pubbliche ogni potere di governo del territorio, con possibili ricadute negative su ambiente, occupazione e turismo sostenibile". La UIL condivide le riserve espresse dal Consiglio delle autonomie locali (CAL) e invita la Provincia ad aprire un confronto partecipato con i territori coinvolti. In particolare, si chiede una valutazione trasparente degli accordi economici tra PAT, Trentino Sviluppo e le società impiantistiche, soprattutto in vista delle imminenti manutenzioni straordinarie che interesseranno numerosi impianti. Infine, si invita a non accogliere le pressioni di Confindustria volte a prolungare la durata delle autorizzazioni a 30 anni o ad eliminare ogni residuo potere discrezionale della pubblica amministrazione. «Serve una riforma condivisa, che rispetti l'ambiente, le comunità locali e la dignità dei lavoratori. Non possiamo svendere il nostro territorio nel nome di una presunta semplificazione», conclude Largher.