Il caso

I genitori litigano su che scuola far fare al figlio: il giudice fa decidere al ragazzo

Nel veronese il papà voleva un istituto privato, la moglie no. Il figlio, a soli 11 anni, ha dovuto prendere la decisione in autonomia



VERONA. Il padre voleva per lui una scuola privata, per affinare l'inglese, ricevere il miglior insegnamento possibile e vedere il figlio impegnato sui banchi a tempo pieno. La madre, viceversa, preferiva che ad accoglierlo fosse un istituto pubblico, lo stesso frequentato dalle sorelle maggiori e in grado di garantirgli il tempo per le lezioni pomeridiane di musica.

Visto che marito e moglie, separati da tempo, non riuscivano a decidere una linea comune sul destino scolastico del figlio undicenne, il giudice ha stabilito che fosse proprio il ragazzino a disegnare la strada del suo futuro.

E lui, senza tentennamenti, ha detto che voleva andare in una scuola media pubblica.

Il fatto è accaduto in un comune del Veronese: a dover dirimere la “guerra dei Roses” sulla collocazione scolastica del bambino è stato il collegio del Tribunale presieduto da Lara Ghermandi.

Sul suo tavolo è arrivata la posizione del padre, che premeva per un istituto privato sottolineando «l'elevata qualità dell'offerta formativa e dei docenti, anche sotto il profilo della cura delle lingue straniere», come pure «l'attenzione per la didattica a distanza e la possibilità di avvalersi del tempo pieno». Ma anche la tesi contrapposta della madre, più colpita dalla scuola pubblica, dalle ragioni «di vicinanza e comodità dell'istituto perché a poche centinaia di metri di casa» e, non ultimo, dalla «possibilità di avvalersi della disponibilità di competenze musicali e di orchestra», grande passione del piccolo.

Alla fine a indicare la soluzione giusta è stato proprio il diretto interessato, convocato in Tribunale senza la presenza dei genitori e dei loro legali.

«Sebbene non ancora dodicenne - scrive il giudice - ha saputo esprimersi con una naturalezza che ispira immediatamente simpatia».

A dispetto dell'età, il ragazzino ha dimostrato di avere le idee chiare. Con «capacità di discernimento e maturità» lui stesso ha annunciato ai genitori di aver visto la presentazione di entrambi gli istituti ma di non avere dubbi sulla scelta.

Ha detto di preferire la scuola pubblica indicata dalla madre per «la possibilità di mantenere i rapporti con i compagni delle elementari», ma anche per la comodità «di potersi recare a scuola a piedi da solo».

Con buona pace del padre, dunque, il piccolo ha preferito la meno blasonata scuola media del paese che, tra i vari vantaggi gli assicura l'opportunità di continuare a studiare con i suoi amichetti.

Non solo: la limitata distanza tra la casa e l'edificio scolastico può garantirgli, secondo i giudici, «in breve tempo di andare e tornare a piedi, permettendogli di sperimentare un momento di ulteriore crescita».

Soddisfatta della decisione Barbara Lanza, responsabile regionale dell'Osservatorio sul diritto di famiglia. «Il bimbo ha saputo dimostrare a tutti, con la sua maturità - commenta - che quella dei magistrati è stata la scelta più giusta per garantirgli serenità e protezione».













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