l’analisi

Dad e pandemia: genitori trentini lontani dai figli

Ecco l’analisi delle risposte date (soprattutto dalle mamme) al questionario promosso dalla Consulta: la distanza è marcata sul peso del disagio vissuto dagli studenti

IL QUESTIONARIO: i “voti” degli studenti

LA PEDAGOGISTA: “La Dad non può diventare la normalità”


di Fabio Peterlongo


TRENTO. Genitori e figli nell’anno della pandemia: due mondi in parte reciprocamente sconosciuti. Questo è l’elemento che emerge più chiaramente dalle risposte date al questionario rivolto a genitori e studenti e distribuito a maggio nelle classi medie e superiori del Trentino. Delle risposte fornite dai 1523 studenti, avevamo già scritto.

Ora andiamo ad analizzare le risposte dei genitori, scoprendo come abbiano giudicato l’esperienza scolastica nell’anno della pandemia (dalla primavera 2020 a quella 2021) e a come abbiano percepito il “vissuto” del loro figlio.

Il questionario è stato distribuito dalla Consulta provinciale dei genitori e redatto dall’Ordine degli psicologi. E per quanto le due platee degli intervistati non coincidano pienamente (i 3070 genitori sono distribuiti dalle scuole dell'infanzia fino alle scuole superiori, mentre i 1523 studenti frequentano le medie e le superiori), la dottoressa Roberta Zumiani, vicepresidente del Consiglio dell'Ordine degli psicologi e specializzata nelle dinamiche relazionali tipiche del mondo della scuola, assicura come la linea di tendenza sia chiara: «In generale i genitori tendono a ridimensionare le problematiche di malessere espresse dai figli, soprattutto dagli studenti delle scuole superiori che sono quelli che hanno patito maggiormente il lockdown».

Zumiani aggiunge un elemento di rammarico: «Avremmo voluto che il questionario fosse proposto in tutte le scuole, ma così non è stato. Alcune scuole hanno risposto sollecitamente, altre lo hanno ignorato, in particolare le scuole professionali, proprio lì dove le restrizioni dettate dalla pandemia hanno avuto un impatto particolarmente pesante sia in termini di didattica che in termini psicologici».

DAD “PROMOSSA” MA NON MANCANO PERPLESSITÀ Sono 3070 i genitori che hanno risposto al questionario, in vasta maggioranza madri (87%). Tutto sommato, i genitori trentini sembrano promuovere la scuola in merito alla gestione dell’emergenza pandemica, dato che solo una minoranza esprime poca (23%) o totale (9,4%) insoddifazione in merito alla didattica a distanza: il 67,5% dei genitori ha espresso un giudizio abbastanza (55,8% delle risposte) o molto (11,6%) positivo.

Una percentuale non troppo diversa da quella riportata dagli studenti che nel loro questionario parallelo avevano espresso soddisfazione verso la “dad” nel 59,9% dei casi. La platea dei genitori si spacca a metà quando si tratta di valutare quanto la vita relazionale dei figli abbia risentito delle limitazioni imposte dalla pandemia: il 54,9% dei genitori ha segnalato come i figli abbiano perso relazioni significative con parenti ed amici, mentre il 45,1% ha ritenuto che i figli siano riusciti a mantenere vivaci le relazioni sociali.

I “VOTI” NON PREOCCUPANO, MA IL FUTURO SÌ. Per i genitori, il rendimento scolastico dei figli è rimasto costante nell’anno della pandemia nel 64,4% dei casi, mentre il 26,5% rileva un peggioramento nei voti e nel 4% dei casi un crollo del profitto scolastico. Percentuali non dissimili da quelle registrate nel questionario compilato dagli studenti: per il 22,4% degli studenti il rendimento è peggiorato, mentre per il 4,8% esso è addirittura crollato. Minime le differenze anche in merito alla qualità percepita dell’apprendimento: per i genitori, essa è peggiorata nel 47% dei casi (gli studenti sollevavano questa preoccupazione nel 44% dei casi). La qualità dell’apprendimento è rimasta stabile nel 53% dei casi secondo i genitori.

FIGLI E GENITORI D’ACCORDO: «TROPPO INTERNET». Le differenze più marcate tra le risposte date dagli studenti e quelle date dai genitori non riguardano però la bontà della didattica a distanza o le performance nel rendimento scolastico

In generale, i ragazzi segnalano disagi psicologici significativi in percentuali molto superiori a quanto i genitori si siano accorti del medesimo problema. Esistono pochi dati “consistenti” tra le due rilevazioni, ovvero dati in cui le risposte dei ragazzi e quelle dei genitori sono percentualmente simili.

Uno fa riferimento al gruppo di studenti che affermano di non aver risentito della pandemia: il 13,6% dei genitori non ha rilevato cambiamenti significativi nel comportamento dei figli, mentre i figli che dichiaravano d'essere usciti psicologicamente "indenni" dalle restrizioni rappresentavano il 12,4%.

L’altro dato consistente riguarda la tendenza a rifugiarsi online e nei videogiochi: dichiara di aver sofferto di questa "fuga" dal reale a beneficio del virtuale il 34,3% dei ragazzi ed è stato confermato dai genitori nel 37,6% delle risposte.

QUELLO CHE I RAGAZZI NON DICONO. Ma andando a vedere tutti gli altri specifici segnali di disagio, il quadro disegnato dai genitori si discosta parecchio rispetto a quello che emerge nel questionario compilato dai figli.

Se infatti i figli ritengono la minor voglia di studiare come il “sintomo” più evidente del loro malessere (61,3%), seguita dalla maggiore stanchezza (60,7%), i genitori notano la minor voglia di studiare nel 48% dei casi e la maggior stanchezza solo nel 29,2% dei casi.

Allo stesso modo gli studenti lamentano la difficoltà a concentrarsi nel 50,3% delle risposte, mentre i genitori notano questo stesso problema nel 35% dei casi.

Il 27,9% degli studenti ha lamentato difficoltà ad addormentarsi, ma solo il 13% dei genitori ha notato questa difficoltà nei figli. I ragazzi segnalano anormalità nell’appetito nel 27,3% dei casi, i genitori hanno notato la presenza di quest’anomalia solo nel 12,2% dei casi.

I genitori sottostimano il grado di preoccupazione nutrito dai figli in merito alla salute dei loro cari: per i genitori è presente nel 17% dei casi, mentre i figli segnalano quest’angoscia nel 34% dei casi.

Il 37% dei figli segnala tristezza e depressione, rilevata dai genitori nel 16,5% dei casi. Genitori e figli sono in sintonia solo quando si tratta di registrare rabbia e irritabilità: il 33,8% degli studenti ha provato queste sensazioni, rilevate nei figli dal 34,4% dei genitori.

PENSIERI NEGATIVI, NASCOSTI A MAMMA E PAPÀ. Colpisce il fatto che numerosi ragazzi abbiano provato senso di colpa (13,3%) e senso di vergogna (9,3%), ma queste sensazioni sono state riconosciute dai genitori solo nell’1,7% e nell’1,5% delle risposte.

Lo stesso vale per il senso di isolamento, segnalato dal 33,3% degli studenti, e recepito dai genitori nel 22,6% dei casi. Uno dei “divari” maggiori tra la sofferenza espressa dai ragazzi e quella in loro percepita dai genitori riguarda il senso di solitudine: è presente nel 36,1% degli studenti, ma è colta in loro dal 14,6% dei genitori.

Infine, il 34,3% degli studenti rivela di aver avuto “pensieri negativi” (definizione fumosa, ma significativa nella sua genericità), ma solo il 9,4% dei genitori ha riferito d’aver percepito questo segnale di sofferenza.

Insomma, le risposte dei figli e dei genitori divergono radicalmente quando si parla del vissuto interiore dei ragazzi nel corso dell’anno segnato dalla pandemia. Tra genitori e figli sembra esserci una soglia di non comunicazione, con i ragazzi che manifestano segnali di malessere psicologico e dall’altra i genitori che spesso non percepiscono il disagio di quel giovane quasi estraneo, chiuso nella sua stanza e legato ai suoi coetanei solo dal filo intangibile delle tecnologie digitali.

Costretto a casa da scuola, in “dad”, strappato al suo contesto sociale, al suo mondo, dalla violenza della pandemia.













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