Trovato il covo del boss Messina Denaro: caccia al tesoro di Totò Riina
E' a Campobello di Mazara, nel trapanese. I carabinieri: catturato grazie al metodo Dalla Chiesa (foto combo Ansa)
TRAPANI. I carabinieri del Ros e la procura di Palermo hanno individuato il covo del boss Matteo Messina Denaro, arrestato, ieri, alla clinica Maddalena di Palermo. E' a Campobello di Mazara, nel trapanese, paese del favoreggiatore Giovanni Luppino, finito in manette insieme al capomafia. Il nascondiglio, secondo quanto si apprende, è nel centro abitato.
La perquisizione è durata tutta la notte. La casa usata dal boss è stata individuata a Campobello di Mazara. Alla perquisizione ha partecipato personalmente il procuratore aggiunto Paolo Guido che da anni indaga sull'ex latitante di Cosa nostra. L'edificio è stato setacciato palmo a palmo.
Non è ancora noto cosa sia stato trovato all'interno del covo. Centro di 11 mila abitanti in provincia di Trapani, Campobello è il paese di Giovanni Luppino, l'uomo che, ieri, ha accompagnato il capomafia alla clinica Maddalena dove è scattato il blitz. Campobello è a soli 8 chilometri da Castelvetrano, paese di origine di Messina Denaro e della sua famiglia. L'individuazione del covo e la sua perquisizione sono tappe fondamentali nella ricostruzione della latitanza del capomafia. E non solo.
Diversi pentiti hanno raccontato che il padrino trapanese era custode del tesoro di Totò Riina, documenti top secret che il boss corleonese teneva nel suo nascondiglio prima dell'arresto, fatti sparire perchè la casa, a differenza di ora, non venne perquisita.
"Matteo Messina Denaro è stato catturato grazie al metodo Dalla Chiesa, cioè la raccolta di tantissimi dati informativi dei tanti reparti dei carabinieri, sulla strada, attraverso intercettazioni telefoniche, banche dati dello Stato, delle regioni amministrative", ha detto il comandante dei carabinieri Teo Luzi, arrivato a Palermo. "Una grande soddisfazione perché è un risultato straordinario. Messina Denaro era un personaggio di primissimo piano operativo, ma anche da un punto di vista simbolico perché è stato uno dei grandi protagonisti dell'attacco allo Stato con le stragi. Risultato reso possibile dalla determinazione e dal metodo utilizzato. Determinazione perché per 30 anni abbiamo voluto arrivare alla sua cattura, soprattutto in questi ultimi anni con un grandissimo impiego di personale e di ricorse strumentali". "Un risultato - conclude Luzi - grazie al lavoro fatto anche dalle altre forze di polizia, in particolare dalla polizia di Stato. La lotta a Cosa nostra prosegue. Il cerchio non si chiude. E' un risultato che dà coraggio che ci dà nuovi stimoli ad andare avanti e ci dà metodo di lavoro per il futuro, la lotta alla criminalità organizzata è uno dei temi fondamentali di tutti gli stati".
"E' il risultato di un lavoro corale che si è svolto nel tempo, che si è basato sul sacrificio dei carabinieri in tanti anni. L'ultimo periodo, quelle delle feste natalizie, i nostri lo hanno trascorso negli uffici a lavorare e a mettere insieme gli elementi che ogni giorno si arricchivano sempre di più e venivano comunicati", ha detto Pasquale Angelosanto, comandante del Ros.