Barbona per tre giorni alla stazione Termini assieme a Berlusconi
Ho inoltrato la domanda circa quattro mesi fa. La risposta del presidente Silvio Berlusconi alle soglie del ferragosto. Due giorni di tempo per recarmi a Roma ed essere ricevuta. Nella raccomandata, le istruzioni. Precise. Ore 11.00, a palazzo. Esclusi i mezzi propri, arrivo obbligatorio in taxi. Concessi solo fogli sciolti e matite. Niente registratori, niente penne, niente quaderni. Assoluta segretezza dell'incontro, nessuna informazione a terzi, nemmeno stretti familiari. Documenti di identificazione per il riconoscimento. Richiesto abbigliamento adeguato. E cellulari spenti. Naturalmente.
Prenoto il treno ad alta velocità e parto per la prima volta. Alla caccia di gonna e giacca. Nella borsa da viaggio ho due buone soluzioni, da valutare al momento. "Intervista a un personaggio famoso" - ho comunicato a casa. Nessuna esitazione, sono già a palazzo.
L'esclusiva ha i suoi costi. La mia proposta è impegnativa, ma il presidente sulla carta l'ha accettata. In questo preciso momento politico, ha bisogno di consensi, di credibilità, di fiducia popolare. Sta rischiando il crollo. Paradossalmente, ha bisogno di me. Tra duecento corridoi e almeno sei ascensori, l'ultima perquisizione. Poi gli uomini blu mi fanno accomodare in un salottino. Poltrone retrò, giallo scuro di seta. Penombra. Respiri da dentro il calore di Roma. Da una porta altissima, entra lui.
"Buongiorno, si accomodi". Mi squadra in un attimo. "Presidente.. "
Sorriso. Deciso il suo, molto teso il mio. Ma non perdo di vista l'obiettivo. L'esclusiva.
Inaspettatamente, comincia lui a fare le domande. Gli lascio un po' di spazio sulla mia vita, sul mio lavoro che è la mia vita, poi parto. Decisa. Subito. Con i dettagli della proposta.
Tre giorni in incognito, alla stazione Termini. Io e lui. Vestiti da barboni. Con i cartoni per la notte, senza lavarci, pasto alla mensa della Caritas, una volta al giorno. La sicurezza è garantita. Due fotografi al seguito - in borghese - e tre guardie del corpo. Ma piena libertà di movimento. A toccare la miseria che entrambi non abbiamo mai toccato. Ad ascoltare la voce di chi è stato emarginato, fin dall'infanzia. A vedere la gente intorno che parte veloce, lasciandoti lì, nella merda, senza un soldo. A dividerci un'elemosina, pochi spicci per la sera, che cala ormai veloce. E la notte lì, sempre troppo lunga, spinta verso l'alba uguale a ieri.
A lavoro concluso, l'esclusiva per il mio giornale e una sparata pubblicitaria per il presidente. Io finalmente posso ottenere il posto di capo redattore. Lui mi squadra ancora. Poi fissa i miei occhi chiari, ben truccati, sorridendo.
"Ne ha di coraggio, eh.... "
"Non lo so, presidente, se si tratta di coraggio. In fondo - in questo momento - io e lei siamo due opportunisti. Ci sfruttiamo l'un l'altro per ricavarne dei vantaggi, niente di più. Lei sfrutta me, io sfrutto lei. Semplicemente. E poi il nostro è poco più di un gioco, se lo ricordi. Fare gli accattoni per tre giorni, ah, niente rispetto ad una vita." "La vita è una sfida, se lo ricordi. Non sarei quello che sono se non avessi accettato le sfide." Si alza sempre così dannatamente ottimista, sistemandosi la giacca e la cravatta.
L'appuntamento è per domani, alla stazione.