infanzia

All’asilo per 11 mesi, fino alla fine di luglio: le ragioni del sì e del no

La misura, adottata durante la pandemia dopo il lockdown, divide le famiglie e preoccupa gli insegnanti


Ilaria Puccini


TRENTO. È di pochi giorni fa la notizia dell’apertura delle iscrizioni per il nuovo anno scolastico, il 2023-2024, nelle scuole dell'infanzia della Provincia, che inizieranno il 12 gennaio e saranno aperte fino al 31 luglio. Anche quest’anno, le porte degli asili provinciali saranno aperte per tutto il mese di luglio, portando il massimo della frequenza possibile da 10 a 11 mesi.

Una scelta nata in tempi di pandemia, per consentire il reinserimento dei genitori nel mondo del lavoro dopo il lockdown, poi ripetuta nel 2021 e nel 2022.

Quest’anno però, assieme all’apertura a luglio 2023 è arrivata la decisione di rendere quest’apertura strutturale, annunciata in conferenza stampa dell’Assessore provinciale all’Istruzione Mirko Bisesti lo scorso 23 dicembre. Il Trentino, dunque, diventa la prima provincia d’Italia con un calendario di 11 mesi.

Una nuova rivoluzione? Non tutti sono d’accordo. «Prendere iniziative educative di questa portata annunciandole a mezzo stampa e a pochi giorni dall'avvio delle iscrizioni, riducendo al minimo i margini di confronto con insegnanti e genitori, è l'ennesima forzatura da parte di questa amministrazione. Si vuole far passare quella che era nata come una misura emergenziale come una nuova normalità» osserva Raffaele Meo, segretario generale di Flc-Cgil, il sindacato che riunisce gli insegnanti.

«”Hanno vinto le famiglie”, annuncia l’assessore - prosegue Meo - come se fosse mai esistito un muro contro muro tra famiglie e sindacati circa la necessità di stanziare risorse per conciliare la vita privata e lavorativa di tutti. Quello che non condividiamo è il modo in cui è stato adottato questo provvedimento».

I sindacati temono anche la fuga degli insegnanti di ruolo dagli asili alle elementari, visto che le qualifiche richieste sono le stesse: «In un caso si lavorerebbe 10 mesi l’anno con la certezza di fruizione delle ferie, in un altro 11 con una clausola che vincola a dare disponibilità su luglio, pena l’esclusione dalla Naspi per i precari».

Insomma, maestri e insegnanti non ci stanno, non a queste condizioni. «Andrebbe fatto un ragionamento di natura pedagogica – conclude Meo - il rischio è che si sovrappongano le attività della scuola dell’infanzia, che non sono solo ludiche, a quelle che sono svolte dal terzo settore: campi estivi, colonie, giochi e attività che invece sono puramente ludiche. Rischiamo di stancare e stressare i bambini. Le modalità di questa politica vanno riviste».


FAVOREVOLE. Clementina Balter, comitato di gestione di asilo

«È una buona esperienza, va solo perfezionata»

ROVERETO. «A titolo personale mi sembra che l'iniziativa abbia riscosso un buon riscontro, io ho aderito e penso che sia un vantaggio per tutte le famiglie in cui entrambi i genitori lavorano». Positiva l'esperienza con gli undici mesi di Clementina Balter, titolare dell'omonima Cantina e presidente del comitato di gestione dei genitori di una scuola dell'infanzia di Rovereto.

Cosa ne pensa di questo nuovo calendario?

Mi sembra una buona politica, anche le persone con cui mi sono confrontata hanno espresso una generale soddisfazione nell'iniziativa. Dal mio punto di vista anche il fatto che i bambini possano restare in continuità all'interno della stessa struttura con compagni e insegnanti già conosciuti, anziché essere mandati in un centro estivo dove dovrebbero rapportarsi da zero con nuove persone, è un fattore favorevole.

Il cambio d’insegnanti però è alto anche all'interno degli istituti.

Vero, anche nella nostra scuola nell’ultimo anno abbiamo avuto dei cambi di maestre, ma si è trattato di trasferimenti tra classi all'interno dello stesso edificio, quindi non troppo drastici. Che l’instabilità per i bambini non sia una bella cosa è fuori discussione, l'abbiamo già vissuta in questi due anni per le assenze da Covid. È un gran peccato, ma la stabilità purtroppo al giorno d'oggi non mi pare sia più una costante delle nostre vite.

Se le classi in estate venissero accorpate per poche presenze tuttavia la situazione sarebbe analoga alle attività estive: nuovi compagni e nuovi insegnanti.

Nel nostro caso per fortuna l'istituto scolastico di competenza è sempre rimasto lo stesso. Per quanto riguarda le presenze, i primi due anni in cui questo servizio è stato attivato erano quelli della pandemia e dunque anomali sotto tutti i punti di vista. Capirei se chi non ha aderito al servizio lo avesse fatto anche per la natura momentanea ed "estrema" della misura, ma se diventerà di routine posso supporre che l'adesione sarà maggiore. Nel momento in cui gli 11 mesi saranno la norma mi aspetto la presenza di molti altri bambini.

Ha mai iscritto i figli a colonie o campi estivi?

La mia bambina più grande ha fatto il suo ingresso nel mondo della scuola proprio nell'anno del Covid, quindi non c'era questa possibilità. Sin dal 2020 abbiamo potuto usufruire degli 11 mesi, e lavorando sia io che mio marito a tempo pieno, ci siamo trovati bene, senza l'esigenza di provare percorsi alternativi.

E da parte di altri genitori?

Non che io ne sia a conoscenza.

Come fare per i periodi non coperti?

Purtroppo non possiamo fare affidamento sui nonni perché i quelli materni lavorano e i paterni vivono in un'altra regione. In altre parole, non ci sarebbe rimasto che arrangiarci tra qualche ora coperta dalle attività estive e una babysitter, ma sarebbe stato impegnativo sul fronte economico. Piuttosto che lasciare i bambini da soli con un adulto, meglio fargli passare altre ore tra pari.

Ha avuto modo di discutere di questa riforma con gli insegnanti nella sua scuola?

Purtroppo l’annuncio è uscito il 23 dicembre, da allora con le feste invernali nel mezzo non ci siamo ancora confrontati. Sicuramente avremo un’occasione di confronto.


CONTRARIO. Maurizio Freschi, consulta provinciale dei genitori

«Inaccettabile senza una pianificazione»

TRENTO. «Le scuole dell'infanzia della fascia 3-6 anni sono il primo passo che si compie nel percorso scolastico ed educativo nazionale. La programmazione e le attività in calendario, inclusa la pausa estiva, seguono un preciso progetto pedagogico; estenderle a 11 mesi con un'iniziativa unilaterale non studiata né discussa mi sembra voler forzare sulle scuole dell'infanzia un ruolo assistenziale di "baby-sitteraggio" che non è di loro competenza». È questo il pensiero di Maurizio Freschi, presidente della Consulta provinciale dei genitori e vicepresidente del Consiglio del Sistema Educativo della Provincia.

Lei riconosce l'esigenza di conciliazione lavoro-figli da parte di numerose famiglie in Trentino.

Senza dubbio. Sono cambiate le dinamiche familiari e anche il mondo del lavoro, e mentre condivido pienamente la necessità di trovare soluzioni a supporto dei genitori, credo che non siano questi i mezzi e i modi.

Può spiegarci meglio?

A fronte della possibilità di investire risorse a supporto di altre attività ricreative per l'infanzia come i centri estivi, si è scelto di offrire questo prolungamento come un'opzione a un costo molto ridotto, parliamo infatti di 50 euro per quattro settimane. Ma con le quote raccolte dalle famiglie aderenti non si copre lontanamente il costo che questo servizio fa ricadere sulla Provincia, dunque sulle tasche di tutti i cittadini. Si parla di 1,9 milioni di euro solo per i costi di gestione, senza contare la manutenzione degli edifici e i trasporti per le scuole accorpate.

L'assessore Bisesti tuttavia ha parlato di un’ampia adesione da parte delle famiglie.

L’assessore parla sulla base di un questionario d'interesse che la Provincia ha diffuso ai circa 13 mila potenziali utenti nella primavera 2021. Ad aprile 2021, avevano risposto in 8000 e coloro che avevano espresso interesse erano circa 5000. Dei favorevoli, la metà ha espresso il sì purché il bambino frequentasse questo mese extra solo nella propria scuola d'appartenenza. In altre parole, la "maggioranza" delle famiglie di cui parlava Bisesti era in merito all'adesione all'iniziativa, ma tale cifra non si è tradotta in presenze. Per l'estate 2022, invece, non è sono stati divulgati dati sulle presenze dei bambini in aula e questo non può che farci riflettere.

Questa misura prevede l'accorpamento da scuole diverse qualora nelle singole strutture a luglio non siano rimasti abbastanza bambini.

Può essere stato un altro motivo della differenza tra adesione e presenze. Segno che politiche di questo tipo vanno programmate, concertate, discusse. Una soluzione, ad esempio, sarebbe richiedere ai genitori un certificato di servizio, che vincoli alla frequenza e ci fornisca numeri certi su cui lavorare sin dall'apertura delle iscrizioni.

Insomma, una misura da rivedere in futuro.

Se si tagliano le risorse per altri servizi conciliativi, ai genitori non resta che questa scelta. Si vuole rendere normalità quella che in origine era una misura emergenziale dettata dall’emergenza della pandemia. Questa decisione è arrivata ancora una volta senza aver sentito il parere del Consiglio e delle altre istituzioni, a ridosso delle iscrizioni e senza la base di studi scientifici che ne comprovino il benessere per i più piccoli.













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