“Tassare i ricchi dopo il Covid? Vi spiego perché si può fare”
Il docente americano David Stasavage: “Il sistema fiscale può ripristinare l’equità a favore di chi ha sofferto di più”
TRENTO. Con la pandemia, spesso paragonata ad una guerra, ha senso ritoccare le tasse ai ricchi, aumentandole? "Il Covid ha fatto fare affari ad alcuni, proprio come nei conflitti. Serve una situazione compensativa? Nel lockdown alcuni settori sono stati più colpiti, altri molto meno, si sono create delle differenze. I mercati azionari sono stati sostenuti per non creare il crollo della Borsa. Ma la disuguaglianza è aumentata. Alla luce di questo si può dire che il sistema fiscale può ripristinare l’equità a favore di chi ha sofferto di più. Cosa si potrebbe fare? Due proposte: una, introdurre delle tasse pro tempore. In tutta l’Europa si può ragionare su una tassa sulla sicurezza. C’è una logica economica ma dal punto di vista politico non è certo facile da attuare”. La seconda opzione? “Cambiare l’attuale sistema finanziario, prendendo in esame la tassa di successione” ha spiegato al Festival il docente americano David Stasavage.
Il tema è di quelli molto dibattuti, destinati a dividere. Quale? L’opportunità (o meno) di tassare le persone più facoltose, magari con una patrimoniale piuttosto che con una tassa di successione, il tutto per trovare risorse che aiutino ad uscire dalla crisi innescata dal Covid. Decisione tutta politica che al Festival si è provato ad analizzare da un versante socio economico, compito affidato ad un esperto di fama come David Stasavage, docente alla New York University che al tema “taxing the rich” ha dedicato un libro. Stasavage ne ha parlato con la giornalista Antonella Baccaro: “Il Covid ci ha davvero dato nuove motivazioni per introdurre altre tasse? Il vostro premier Mario Draghi ha detto che questo è il tempo di dare e non quello di togliere. Ci sono in effetti persone che hanno perso molto: chi dei dei famigliari, chi il posto di lavoro. Serve ora chiedere un sacrificio ai ricchi? Nel corso della storia questo è già successo e nel mio libro sono andato a vedere cosa e’ accaduto dal 1800 in poi in 20 Paesi al mondo. Vediamo: la tassa di successione era molto bassa, massimo al 3 per cento sino al 1900. Le cose sono cambiate dal 1919, con un picco dopo la seconda guerra mondiale. Poi c’è stata una lenta ridiscesa delle aliquote. Dunque, quando serviva finanziare la guerra lo stato tassava i ricchi. Ma c’è anche una questione politica: Usa, Canada, Regno Unito hanno avuto l’aumento, dove però non c’era una politica democratica questo non è accaduto. Il contesto bellico diede ad alcuni partiti la motivazione per una sorta di chiamata alle armi dei più ricchi” osserva il docente.
Ma ora con la pandemia, spesso paragonata ad una guerra, ha senso ritoccare le tasse ai ricchi, aumentandole? “ Il Covid ha fatto fare affari ad alcuni, proprio come nei conflitti. Serve una situazione compensativa? Nel lockdown alcuni settori sono stati più colpiti, altri molto meno, si sono create delle differenze. I mercati azionari sono stati sostenuti per non creare il crollo della Borsa. Ma la disuguaglianza è aumentata. Alla luce di questo si può dire che il sistema fiscale può ripristinare l’equità a favore di chi ha sofferto di più. Cosa si potrebbe fare? Due proposte: una, introdurre delle tasse pro tempore. In tutta l’Europa si può ragionare su una tassa sulla sicurezza. C’è una logica economica ma dal punto di vista politico non è certo facile da attuare”.
La seconda opzione? “Cambiare l’attuale sistema finanziario, prendendo in esame la tassa di successione. In alcune realtà non è presente, mentre in altre e’ stata implementata. In Italia l’ aliquota è bassa, al 4 per cento, ed ha una situazione particolare. Ritengo dunque che il sistema fiscale possa essere un sistema di equità ma l’aumento dell’aliquota non può essere di proporzione elevata, come durante i conflitti bellici. Sarebbe però una mossa utile dal punto di vista simbolica: una tassa così marginale ha poco senso. O la si abolisce o la si adopera, adeguandola, con queste motivazioni” ha concluso.