Stiglitz, parola d’ordine di Nobel: «E ora basta al capitalismo»
Il consigliere di Hillary Clinton ha sferzato un Auditorium pieno per ascoltare la sua lectio. «Se non si riscrivono velocemente le regole, fra trent’anni avremo una società ancor più diseguale»
TRENTO. «La disuguaglianza è la conseguenza delle politiche che si mettono in campo e dunque possiamo contrastarla». Questo il messaggio di speranza che il Nobel per l'economia Joseph Stiglitz lancia al Festival dal palco dell’Auditorium Santa Chiara.
Il consigliere di Hillary Clinton ha raccontato al pubblico dello scoiattolo, accorso in massa per ascoltarlo, che fin da giovane si è dedicato allo studio delle disuguaglianze, rendendosi conto che proprio gli Stati Uniti erano il Paese industrializzato con i maggiori livelli di divario fra ricchi e poveri e che il cosiddetto sogno americano era solo un mito. «L’aspetto più spiacevole della disuguaglianza - ha detto - è la conseguente disparità di opportunità».
«Per anni molti economisti - ha ricordato Stiglitz - hanno evitato di studiare il fenomeno della disuguaglianza, considerandolo una questione controversa.
Risultato la disuguaglianza è cresciuta notevolmente negli ultimi decenni, anche in Europa». Stiglitz ha poi ricordato che il paese dove vi sono meno differenze sociali è la Danimarca mentre Stati Uniti, Gran Bretagna ed Italia sono ai vertici mondiali. «La prospettiva di un giovane americano - ha detto Il premio Nobel - dipende di più dal reddito dei genitori che dalle sue capacità o dal suo livello di istruzione».
«Possiamo intervenire per cambiare le politiche che generano la disuguaglianza - ha proseguito ancora l’economista statunitense - ma dobbiamo intervenire rapidamente, non bastano piccoli aggiustamenti, servono cambiamenti fondamentali ed urgenti. Serve capirne molto meglio le cause e riscrivere le regole dell’economia capitalistica, altrimenti fra 30 anni avremo una società ancora più diseguale».
«Il problema - ha concluso Stiglitz tra gli applausi del pubblico presente all’Auditorium - non è il capitalismo del ventunesimo secolo, ma le politiche che si mettono in campo».