Ricetta Sait: «Meno costi e più mercato»

Bilancio 2011 solido ma prospettive incerte. Famiglie coop: fusioni e più donne ai vertici. Domenica l’assemblea dei soci


di Roberto Colletti


TRENTO. Ampliare il fatturato e tenere sotto controllo di costi. Con i tempi che corrono non è il caso di inventarsi nuovi obiettivi, è già molto se si rispettano i fondamentali. «Per il 2011 ci siamo riusciti e domenica all’assemblea potremo dire che teniamo salde le previsioni del piano quinquennale impostato nel 2009. E credetemi, con la seconda botta inferta dalla crisi, non era un risultato scontato». Asciutto il giudizio del presidente Renato Dalpalù nell’anticipare qualche cifra del bilancio 2011 che dopodomani presenterà ai soci del Sait - 74 le Famiglie cooperative - nel Centro congressi dell’Interporto, a due passi dalla sede inaugurata due anni or sono. Asciutto e preoccupato perché «le prospettive, con la crisi generale di fiducia che avvertiamo, sono indefinite».

Il 112° esercizio, tuttavia, consente di affrontare le incertezze della recessione economica e della tenuta dell'euro con i conti della spesa, quella del 40% delle famiglie trentine, passabilmente in ordine. I ricavi sono passati dai 300,2 milioni del 2010 a 308,9 milioni con il valore della produzione attestatosi a 315 milioni, in crescita nonostante l’uscita della Famiglia della Val di Non, passata a Dao. L’utile netto si è attestato a 1,3 milioni contro i 2,3 del 2010, soprattutto per il peso degli ammortamenti e degli oneri finanziari. Nel corso dell’anno, con il costo del denaro in salita e molte cooperative impegnate a riequilibrare i bilanci, Sait ha ridotto l’esposizione sia verso il sistema bancario da 65 a 63,8 milioni, sia verso i soci da 33,7 a 24,1 milioni di euro.

«Non abbiamo trasferito tutta l'inflazione sui prezzi e abbiamo mantenuto salda la nostra presenza nelle periferie, confermando con i fatti la nostra missione sociale - ha ricordato Dalpalù - e questo spiega la compressione dei margini di guadagno». Da qui lo stretto controllo dei costi e l’attenzione alla rete logistica, «elemento decisivo per una realtà che lavora 12 milioni di colli l'anno, 40 mila al giorno - ha rammentato il direttore Luigi Pavana - un’attenzione che, alla fine, consente di mantenere i 3,2 milioni di ristorni girati alle Famiglie». Incide sul contenimento dei costi anche l’acquisizione di nuovi clienti in Alto Adige (il 20% del fatturato), nel Bellunese e in Lombardia.

L’altro fronte aperto è quello delle fusioni tra Famiglie. «Processo in alcuni casi necessario, ma delicato, che non può essere imposto, può maturare solamente se condiviso dai soci - ricorda Giuseppe Fedrizzi, responsabile del Consumo della Federazione - e non sempre la fusione è il toccasana: due debolezze unite non fanno una forza». La mappa delle cooperative comunque è pronta, alcune aggregazioni sono in corso, altre verranno: «Le decisioni debbono maturare da sole, negli anni ’80 c’erano 227 Famiglie, oggi ce ne sono 76 con 368 punti vendita. La consapevolezza cresce con l’esperienza dei soci e la formazione del personale, su cui investiamo. E con la presenza delle donne ai vertici: su 76 presidenti ci sono 10 signore e la loro gestione dà buoni risultati».

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