«Mediocredito resti territoriale» 

Imprese preoccupate. Industriali e artigiani chiedono che la Provincia non venda la sua quota della banca di investimenti o che faccia in modo che il know how e la sua esperienza non si perdano. La data fissata per cedere la quota Pat è il 31 dicembre 2019, ma è destinata a slittare



Trento. «La politica faccia attenzione in questo passaggio: le imprese hanno bisogno che il Mediocredito resti un interlocutore per l’economia del territorio. Non si può disperdere un know how costruito nel corso degli anni».

I timori delle imprese

Fausto Manzana, presidente di Confindustria Trento, è esplicito e chiarissimo: «Se proprio hanno deciso di vendere il Mediocredito, che fissino paletti o garanzie perché continui a operare sul territorio regionale». Gli imprenditori vivono con qualche patema d’animo questa fase che dovrebbe portare alla dimissione da parte della Regione e delle due province autonome delle loro quote, ciascuna pari al 17,49% del Mediocredito Trentino Alto Adige.

Vendita entro fine anno

Non è un mistero che Cassa Centrale Banca, partner industriale nella banca di investimento di cui detiene il 36,56% insieme alla Centrale delle Raiffeisen, abbia puntato su Mediocredito per farne la banca d’investimento del gruppo nazionale di credito cooperativo che guida. La delibera della giunta provinciale 713 del 12 maggio 2017 aveva stabilito che la vendita della quota della Provincia debba essere definita entro il 31 dicembre 2019. Visto come stanno andando le cose sembra difficile che si riesca a rispettare i tempi. In questi giorni è stato confermato il patto di sindacato tra i tre enti pubblici e la Crrt, la finanziaria che vede azioniste in parti uguali le due casse centrali di Trento e Bolzano. In base a questo patto, la gestione spetta al credito cooperativo. Intanto procede la procedura per la vendita.

Valore 120 milioni

L’advisor esterno ha valutato il valore del Mediocredito in 120 milioni di euro. Quindi le quote pubbliche dovrebbero valere circa 60 milioni. Per venderle gli enti pubblici devono per forza fare una gara, una procedura competitiva. Per questo sembra difficile che si rispetti il termine di fine anno.

Il mondo delle imprese spera che questa esperienza non venga acquisita da gruppi bancari che poi la possano disperdere o portare altrove, come spiega anche Marco Segatta, presidente dell’Associazione Artigiani: «Che il Mediocredito resti territoriale è una necessità per tutto il mondo delle imprese che hanno bisogno di un confronto con una banca del territorio. Un’economia deve essere sostenuta dal credito soprattutto di questi tempi in cui l’accesso a quel mondo è difficile. E poi si devono trovare i meccanismi giusti per il credito alle piccole e micro imprese».

Dubbi sulla vendita

Manzana rientra sull’esperienza del Mediocredito sottolineando come sia un’esperienza da valorizzare facendola restare trerritoriale: «È una banca in grado di valutare i progetti e le esperienze di sviluppo. Ha un know how specifico e competenze straordinarie, pur con tutti i limiti che ci possono essere. Spero proprio che possa proseguire in questa opera a sostegno dello sviluppo del territorio e delle imprese del Trentino Alto Adige, questo anche se Cassa centrale ormai guida un gruppo nazionale». Manzana sottolinea che non è solo un problema di sede: «Credo che la questione sia soprattutto l’anima della banca. Alla base di tutto c’è la vocazione del Mediocredito che è quello di dare risposte alle imprese. La politica faccia attenzione che in questo passaggio non si perda quest’anima. Vogliono vendere le loro quote? Benissimo, ma si tenga conto delle conseguenze che una mossa del genere può avere. Le imprese senza credito sono come un motore senza benzina. E in questo settore è importante la filiera corta. Le imprese hanno bisogno di un interlocutore vicino in grado di valutare le loro idee e i loro progetti industriali».

Sulla stessa lunghezza d’onda anche il consigliere provinciale dei 5 Stelle Filippo Degasperi: «Non si capisce perché bisogna vendere Mediocredito. Una banca del genere è vitale per un sistema economico e non si vede perché rischiare di perderla. E non capisco tutto questo entusiasmo nel venderla al Credito cooperativo che per molti anni l’ha gestita non bene operando soprattutto fuori dai confini regionali, forse per on fare concorrenza alle Rurali. Adesso va un po’ meglio, ma penso che Mediocredito vada valorizzato piuttosto che venduto». Rispondendo a un’interrogazione dello stesso Degasperi, il presidente della Provincia spiega le ragioni della vendita: « Obiettivo di tale percorso è il celere rafforzamento al fine di favorire la solidità della banca e la vocazione territoriale a sostegno dello sviluppo locale, con azzeramento della partecipazione pubblica, al fine di favorire l’apertura a nuove risorse essenziali per il rilancio di Mediocredito». Degasperi affronta anche il tema della valutazione di Mediocredito: «A memoria mi pare che il capitale netto della banca sia intorno ai 160 milioni di euro. Quindi non si capisce proprio perché dovrebbe valere meno di questa cifra. Di solito una società vale più del capitale, tanto più che il capitale è sempre frutto di una valutazione prudente. Almeno l’avviamento dovranno pur calcolarlo».U.C.













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