Frutticoltura trentina in ginocchio per colpa delle gelate notturne
La notte appena trascorsa è stata un'altra battaglia per gli agricoltori. I produttori: “I nostri anziani non ricordano sia mai successa una cosa del genere”
TRENTO. Man mano che passano i giorni di questa pazza primavera la situazione dell’agricoltura trentina, e particolarmente della frutticoltura, presenta un quadro sempre più pesante. La notte appena trascorsa è stata un'altra battaglia per i frutticoltori, con le temperature solo un filo meno rigide rispetto alle notti precedenti, e le preoccupazioni non sono ancora finite. Si sono raggiunte temperature da record negativo, in queste serate: a Volano si sono toccati i meno 8 gradi, ma anche nella zona di Mattarello-Aldeno la situazione non è tanto migliore.
Enrico Tovazzi frutticoltore biologico assieme a fratello Lorenzo a Volano, è demoralizzato. Passando in rassegna le varie colture comincia con il Kiwi, che per la prima volta in cinquant’anni, da quando è stato introdotto, si è gelato completamente con perdite del 100%. Anche perché sul Kiwi è impossibile usare l’antibrina perché i piccoli tralci non sarebbero in grado di sopportare il peso del ghiaccio. "Sui meli - afferma Tovazzi - la situazione fino ad ora sembra meno drammatica per le zone dove si è azionata l’acqua per l’impianto antibrina. Invece, sulle zone marginali, dove la quantità d’acqua è stata minore, si vedono già dei danni sui fiori centrali che sono quelli aperti fino ad ora.
Oreste Tamanini, leader della frutticoltura di Trento sud, ha l’azienda coperta da impianto antibrina, è comunque sconsolato: "Dopo le tre notti di freddo di 10 giorni fa e il caldo estivo che ha data un’accelerata allo stadio fenologico delle piante, ora un’altra settimana di passione. Le temperature sono scese sotto lo zero, abbiamo dovuto accendere gli impianti già alle 9 di sera e sono rimasti aperti per 12 ore! Mai successo di lasciarli aperti fino alle 9 di mattina. Per fortuna con una gestione oculata dell’acqua, quella presente in falda è sufficiente per assicurare un regolare funzionamento degli impianti. Certo, si sono dovute affrontare nuove spese con il motore sommerso che rende molto di più ma le cose fino ad ora hanno funzionato. Per le viti fino ad ora pare non vi siano grossi danni".
Anche Riccardo Forti, presidente CFT, condivide questa analisi: "Mai successo, ci dicono anche i nostri anziani, di aprire l’antibrina alle 8 e mezza di sera. Dai costanti sopraluoghi in campagna sembra che, dove i frutteti erano ben coperti, i danni siano contenuti, ma fuori dalle zone coperte il danno si avvicina al 100%. Sui ciliegi coperti da antibrina non si rilevano ad oggi grandi danni".
In Valsugana, spiega Nicolò Calliari, "gli impianti antibrina sono pochi, in tutte le altre zone i danni sono pesanti anche sui meli perché lo stadio fenologico è molto avanzato, i danni che già si possono vedere sono preoccupanti. E’ presto per parlare di percentuale di danno, ma sarà molto alta. Il mirtillo in fioritura pare che almeno fino ad ora si sia salvato. Danni ovviamente sui ciliegi particolarmente sulle colline".
E la Valle di Non? "In Alta valle - dice Francesco Calliari - sono diverse notti che la temperatura al mattino è sotto lo zero, e di conseguenza tutti i pistilli dei ciliegi sono anneriti. Per fortuna, la quasi totalità dei cerasicoltori si sono assicurati abbandonando le candele e i fornelli. Questo perché in una notte di accensione si hanno dei costi pari a quelli della polizza".
FEM ha fatto il punto sulla situazione collocando il 2021 fra gli anni peggiori per le gelate per la durata delle stesse fino a 13 ore consecutive. Circa le varie colture, la situazione afferma FEM è assai diversificata, anche in base al diverso stadio fenologico, certo per il ciliegio nelle zone alte dove si sono registrati meno 6-7 gradi i danni sono abbastanza importanti. L’accensione di stufette a pellet o di candele di paraffina sembra aver ridotti i danni, ma bisognerà attendere per vedere esattamente la situazione.