Bona, un candidato per cambiare passo «Serve efficienza»

Intervista al presidente della Cassa Rurale di Mori «Il movimento va rivitalizzato partendo dall’interno»



TRENTO. «Non sono tempi di normale amministrazione ed anche la cooperazione trentina ha problemi da risolvere. Credo comunque che possiamo farcela da soli, senza “tecnici” e da parte mia ho un contributo dare: perciò mi candido alla presidenza della Federazione».

Erman Bona ha dichiarato la sua disponibilità da subito, senza illuminazioni strada facendo. Lo ha detto non appena i “saggi” hanno iniziato a scandagliare le indicazioni per la successione a Diego Schelfi e quando hanno concluso che la maggioranza delle cooperative ne chiedevano per la quarta volta la conferma, non si è scomposto né per questo, né per la successiva candidatura di Sandro Pancher. Agricoltore di formazione, presidente della Cassa Rurale di Mori, Bona ha lo sguardo di chi osserva le cose “dalla base” assieme ad una caparbietà che non si lascia scoraggiare dai paroloni e dai concetti tanto generali da sembrare nuvole in cielo.

La Federazione trentina della cooperazione ha dei problemi...

Sarebbe strano se non li avesse, cooperative e Federazione vivono e lavorano in questo mondo, mica in una dimensione ideale. Le imprese sono più di 500... il problema è dare coerenza e forza a questa varietà. Uno: sulla base dei principi mutualistici; due: lavorando per l'efficienza delle singole imprese. E' urgente un programma forte, un cambiamento di passo.

A proposito di programma, Pancher ha dichiarato che non serve, la Federazione è un sindacato, non un partito del presidente.

Non so cos'abbia voluto dire. Il consiglio è eletto dai settori, ma i programmi ci vogliono, eccome. Aderire alla cooperazione significa condividerne i principi, ma poi questa visione va declinata nella pratica. Bene, è qui che si mostrano le differenze. Come applicare nel concreto i principi, questo è un programma.

Il suo qual è?

Non ho verità in tasca. Propongo dei punti di discussione per rivitalizzare – siamo prigionieri del tran tran burocratico – il movimento prima di tutto nella sua anima, poi verso l'esterno. Sul fatto che la cooperazione abbia bisogno di più partecipazione, di rinvigorire il senso d'appartenenza, siamo tutti d'accordo. Come? Puntando anzitutto sulla responsabilità del singolo socio, della singola cooperativa. Facendo formazione, ma soprattutto coltivando la responsabilità: nel seguire la vita della propria impresa, nello scegliere amministratori adatti, nel discutere le scelte fatte. Non ci possono essere soci che cadono dalle nuvole quando le cose non vanno bene: la responsabilità è al fondamento dell'agire mutualistico.

Una visione etica...

Certo. La cooperazione è un modello sociale ed economico che ha l'ambizione di essere migliore del liberalismo i cui guai stiamo sopportando. Ed ha bisogno di impegno per essere credibile.

Cominciando da cosa?

Primo: i soci vanno coinvolti, debbono riscoprire il gusto della democrazia diretta. Poi accanto al buon lavoro svolto dai Consorzi, vanno rafforzati gli organismi dei settori che hanno bisogno urgente di consulenze specifiche, di ricerca di sinergie, di elaborare strategie comuni. E' una responsabilità che abbiamo nei confronti di tutto il Trentino: rappresentiamo il 90% dell'agricoltura, il 60% del credito, il 30 e più del commercio alimentare, presenti dove nessun privato si sognerebbe mai di aprire un negozio, una fetta sempre più importante delle imprese di produzione e servizi con i relativi occupati.

Ed ora arriviamo al 6° piano, quello della presidenza...

Gli uffici di staff hanno bisogno di una rivisitazione, ci sono esperienze e professionalità che forse troverebbero miglior impiego nel rilancio di settori. Credo che sia necessario rifocalizzare le priorità strategiche e riorganizzare la Federazione. Le professionalità ci sono, vanno valorizzate. Questo è il mio programma. Su questo vorrei potermi confrontare.

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano