«Si deve decidere tra lupi e allevamento di ovini»
L’intervista. Giacomo Broch, presidente degli allevatori di Primiero: «La politica deve battere un colpo per risolvere un problema che potrebbe riportare allo spopolamento dei nostri monti»
Primiero. Giacomo Broch, presidente della locale Associazione allevatori e vice presidente di quella provinciale, ha espresso la sua preoccupazione per il futuro e addirittura la sopravvivenza delle nostre vallate alpine. Ad alimentare il suo pessimismo è la situazione attuale dovuta alla pandemia Covid-19, a cui si aggiungono i problemi creati dalla presenza dei lupi che ultimamente stanno creando allarme e grossi problemi agli allevatori. Ma non solo, perché dalla sua analisi le problematiche vengono fatte risalire agli anni Settanta e Ottanta.
Broch, i problemi hanno radici lontane.
Allora ci fu l’abbandono di un certo tipo di agricoltura e l’esplosione di altre attività portarono la gente delle nostre vallate ad abbracciare una più comoda dimora cittadina. Chi eroicamente resistette a quelle sirene, pose le basi per uno sviluppo economico e sociale innovativo puntando sul fenomeno turismo e garantendo una discreta sopravvivenza dei nostri paesi. L’agricoltura e sopratutto la zootecnia, allora arrancava da ultimi della classe con un inesorabile ma continuo abbandono delle zone più difficili, garantendo però qualche sacca di resistenza nel fondovalle. Negli anni il richiamo turistico e paesaggistico accanto ad una “politica” attenta ha fatto sì che ci fosse un lento ma continuo recupero di territorio in termini di paesaggio e appeal turistico.
Venendo ad oggi, cosa è che la preoccupa e la rende piuttosto pessimista?
Oggi la nostra gente, pur in un momento storico di difficile interpretazione, gode di un tessuto economico ancora legato alla nostra radice… la terra e ciò che ne deriva. Il ritorno all’agricoltura e la passione di tanti giovani, sopratutto i così detti “hobbisti”, ma che tali non sono perché si dedicano con entusiasmo e iniziative innovatrici, permette alle nostre vallate di sopravvivere e poter offrire al turista un paesaggio, un ambiente vissuto. Fino qui ci siamo. Ma ora si sta verificando un allarmante amplificazione dell’invasione di specie, ed in particolare parlo dei lupi, che mettono a rischio il lavoro fatto in questi anni per far sopravvivere la nostra gente in montagna. Questo fenomeno è un incognita che ci pone ad un bivio: o l’affermarsi di un certo tipo di agricoltura oppure il ritorno ad un ambiente selvaggio privo di vita umana.
Lei si riferisce alle ultime scorribande dei lupi che stanno creando sfiducia in coloro che si stanno dedicando all’allevamento di pecore e capre?
Non mi interessa fare polemica, però a questo punto bisogna valutare le due opportunità e prendere una decisione prima di arrivare all’abbandono del territorio, anche se certamente pian piano e finché i vari giovani allevatori, che svolgono la loro attività con passione non si stancano; perché bisogna ammettere che loro in effetti portano un enorme contributo alla nostra collettività, inteso come intervento per risanare i dissesti che spesso vediamo accadere in regioni o provincie dove l’abbandono è già cosa fatta.
Cosa chiede a chi è chiamato ad affrontare e risolvere questi problemi?
Io mi sento di chiedere alla politica di battere finalmente un colpo. Il silenzio spesso fa più rumore di tanto altro. Ma mi rivolgo anche a chi in passato ha avuto responsabilità politica rilevante e chiedo anche a loro di non cavalcare il momento, ma di “lavorare per” e non “contro”. Il nostro è un grido di allarme e di grande preoccupazione: siamo montanari, ma chiediamo di poter fare il nostro lavoro con serietà e tranquillità e poter consegnare ai nostri figli un territorio ancora vivibile come ci è stato consegnato.