In pellegrinaggio alla sera da Levico Terme fino a Selva
LEVICO TERME. Appena uscita da una intensa campagna elettorale che è stata per molti versi motivo di distrazione, la città ritrova alcune occasioni del quotidiano e riscopre antiche consuetudini che...
LEVICO TERME. Appena uscita da una intensa campagna elettorale che è stata per molti versi motivo di distrazione, la città ritrova alcune occasioni del quotidiano e riscopre antiche consuetudini che un tempo rappresentavano momenti unitivi e di forte valenza identitaria, come la processione del Corpus Domini di giovedì sera, in pellegrinaggio da Levico a Selva che con tutta probabilità mostrerà degli indici di partecipazione molto al di sotto di quelli già scarsi registrati alle urne. «Abbiamo organizzato la processione - dice don Ernesto Ferretti, parroco di Levico, ma anche di Barco, Santa Giuliana, e Selva – riunendo tutti e quattro i comitati parrocchiali, e vorremmo darle il significato di portare il Cristo attraverso le vie abitate della comunità per mostrare che Egli cammina insieme con noi, e non è un’entità assente o astratta, per poterlo sentire vicino nel nostro cammino concreto di tutti i giorni».
I tempi cambiano
«È questo un periodo di continui cambiamenti e trasformazioni – dice ancora don Ernesto -, non sono più i tempi di una volta dove c’era una certa stabilità e le consuetudini erano punti fermi. Come, per esempio, la catechesi ora completamente ristrutturata e adeguata a questo rapidissimo evolversi degli eventi. Per impegni dei ragazzi che non hanno più tempo il pomeriggio, siamo stati costretti a ripensare gli incontri di catechesi per le elementari, divenuti impossibili durante la settimana, e al sabato e la domenica facciamo degli incontri coinvolgendo anche i genitori in una catechesi che si rivolge occasionalmente anche agli adulti, non solo della stretta cerchia dei fedeli più affezionati alla parrocchia, cercando un po’ di contrastare questo individualismo imperante nel quale ormai siamo immersi. Come partecipazione alla liturgia siamo nella media, non più come trenta o quaranta anni fa, ma intorno al 20%. Avendo tante messe è però difficile farsi un’idea della partecipazione effettiva. Don Franco Pedrini e don Danilo Bernardini collaborano in modo prezioso e importante alle attività pastorali di tutto quello che una volta era il decanato, ma non c’è più la figura del cappellano; ora mi chiedo come facciano certi parroci che devono seguire anche quindici o venti parrocchie. Ora vi sono otto zone pastorali sul territorio della diocesi, e la nostra è quella di Valsugana e Primiero che conta centotredici realtà, tra parrocchie, unità pastorali, e istituti religiosi che vi afferiscono, da Civezzano alla val dei Mocheni e fino al Primiero. Il riferimento per noi preti rimane comunque sempre il vecchio decanato poiché ci ritroviamo tra di noi, per consuetudine, ancora secondo quel criterio territoriale».
Ieri, oggi e domani
«Veniamo da un passato con una infinità di parrocchie, tutte con la loro identità e le proprie consuetudini, una realtà che già per me con solo 4 parrocchie mi assorbe completamente ed è difficile da mantenere. Si imporrà un cambiamento del progetto pastorale, ormai degli anni Ottanta, poiché al momento non si riesce nemmeno a garantire un sacerdote per ogni unità pastorale».