Villa Argìa, 40 anni di aiuto ai più deboli 

L’associazione di Mori ha ora raggiunto un accordo con la Comunità: il lascito di Bruna Dal Rì rimarrà centro diurno


di Matteo Cassol


MORI . Sono trascorsi quarant’anni dalla costituzione dell’associazione Villa Argìa a Mori. Tanti giovani e adulti sono stati accolti e hanno trascorso una parte della loro vita in una comunità desiderosa di rispecchiare l’immagine della famiglia. Da allora il contesto è cambiato, ma le persone in difficoltà psichica e nel disagio sociale rimangono, anzi sono aumentate. Villa Argìa apre le porte proprio a questa persone che per debolezza psichica faticano a “camminare da sole”, una fascia rimasta scoperta dopo la legge Basaglia del 1978. Don Francesco Malacarne e il suo gruppo, aprendo la prima comunità Villa Argìa, si rivolsero proprio a tale fascia. Per quel tempo fu una novità assoluta in quanto offriva un’alternativa alle forme di costrizione e di ricovero come il manicomio. Una novità resa possibile grazie al volontariato e alla beneficenza di persone come Bruna Dal Rì, spesasi per gli altri e per i giovani in difficoltà: dopo essere stata cofondatrice assieme a don Francesco, alla propria morte (nel 2000) donò la casa e le sue adiacenze all’associazione, vincolando la donazione agli scopi di Villa Argìa. Ma l’investimento per rendere idoneo lo stabile donato non era sostenibile dall’associazione, per cui il recupero dell’immobile venne affidato all’allora Comprensorio C10 e venne sottoscritto un accordo per cui l’uso dell’immobile sarebbe stato concesso all’attuale Comunità di Valle per 27 anni pur rimanendo proprietà dell’associazione. I lavori si sono conclusi nel 2012 e nell’aprile 2013 è arrivata l’agibilità. Da quel momento, la Comunità di Valle ha affidato la gestione all’Associazione Provinciale per i Minori di Trento (Appm) e lo stabile è diventato l’attuale centro diurno di Mori. Nel frattempo l’attività terapeutica di Villa Argìa si era intensificata e allargata (nel 1984) con una nuova struttura a Loppio con annesso vigneto e laboratorio sotto il titolo di “Villa Mecca”, essendo donazione dei coniugi Rema e Giuseppe Mecca. L’assemblea dei soci ha eletto un nuovo cda nel 2015, prima della morte del fondatore don Francesco Malacarne (10 marzo 2016): è diventata quindi l’occasione per un forte impulso al rinnovamento sia delle strutture che dei rapporti. «In questi ultimi anni – spiegano dall’associazione – si è evidenziato come il disagio sociale e la sofferenza psichica incidano talvolta profondamente nelle persone che arrivano cercando rifugio da guerre o da situazioni di povertà». L’associazione ha accolto così anche giovani stranieri, di provenienza diversa: un sudafricano, un somalo, un nigeriano, due afgani, un romeno, un moldavo e un pakistano. La differenza di culture ed esperienze ha trovato integrazione nell’accoglienza e nell’attenzione a ciascuno. Nel dicembre 2016 l’associazione è stata accreditata per lo svolgimento del servizio civile universale provinciale. A luglio 2017 è partito il primo progetto, per due volontari, che si concluderà a giugno: le adesioni sono arrivate da due giovani della Costa d’Avorio ospiti al campo di Marco. Da sei mesi collaborano con gli operatori e si fanno anche promotori di particolari iniziative. Un ulteriore passo è stato compiuto quest’anno: l’associazione ha proposto alla Comunità di Valle la cessione del diritto di proprietà sull’immobile. È stato quindi raggiunto l’accordo del cambio di proprietà con la relativa rinuncia del diritto di usufrutto. Si chiude così un circolo virtuoso: dal lascito testamentario di Bruna Dal Rì a una struttura a servizio dei ragazzi.

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