Whirlpool, vita a due: «Noi, marito e moglie insieme in fabbrica»

La storia di Cinzia Callegari e Massimo Cristoforetti: «Dal 2007 è stata un’agonia». La chiusura? «Non volevamo crederci»


di Chiara Bert


TRENTO. Una vita in Whirlpool. Marito e moglie, insieme. Si sono conosciuti in fabbrica, in catena di montaggio a costruire frigoriferi. Si sono sposati e oggi hanno due bambini, il grande 14 anni, il piccolo 8. Cinzia Callegari ha 42 anni, lavora in Whirlpool da 23. Suo marito Massimo Cristoforetti ne ha 46 e in quella fabbrica ci ha passato 26 anni.

Cinzia, come sono stati questi anni?

Alti e bassi. Una volta il ritmo in catena non era così pressante. Adesso sei sempre lì con il fiato sul collo. Negli ultimi 7 anni è cambiato tutto.

Cosa vuol dire?

Hanno aumentato il ritmo per produrre di più. Io ho tre pause, dalle 7.50 alle 7.58, dalle 9.50 alle 10.04, la più lunga, e l’ultima dalle 11.50 alle 11.58, poi la tirata fino all’una e un quarto o all’una e mezza quando ci chiedono di lavorare un quarto d’ora in più. Volevano vedere fino a che punto potevano arrivare. I turni sono cambiati, prima erano due, 6-14 e 14-22, poi si è passati al turno unico 7-15.30 e poi ancora due turni 6-13.30 e 13.30-21. Noi abitiamo a San Michele, ho la corriera per tornare a casa alle 13.50. Finendo di lavorare alle 13.30, evidentemente non posso andare in mensa. Ma questo è il male minore, l’importante era avere un lavoro.

Come vi organizzavate, lei e suo marito, quando i bambini erano piccoli?

Fino al 2007, quando c’è stata la rivoluzione della giornata in fabbrica, abbiamo fatto turni diversi, riuscendo così a gestirci la famiglia. Io facevo la mattina, lui il pomeriggio.

Restava poco tempo per vedersi...

Abbiamo rinunciato a tanto, ma l’asilo nido costava e così abbiamo scelto questa soluzione per la famiglia. E io ringrazio Whirlpool perchè fino a oggi con la Whirlpool ho mangiato e non sputo sul piatto.

Lei dice che le cose sono peggiorate negli ultimi anni. Ma la sensazione in fabbrica qual era dopo il 2007? Il pensiero della chiusura c’era?

Dal 2007 a oggi è stata un’agonia. Personalmente non ho mai avuto la sensazione di poter andare in pensione con questa azienda. Dicevano che avrebbero fatto investimenti, ma non li abbiamo visti, soprattutto sul piano tecnologico. Poi quando arrivò il vescovo e il giorno dopo la doccia fredda con i 100 esuberi. Ma avevamo il lavoro e la speranza era che restasse.

Come avete saputo la notizia della chiusura?

Giovedì sera, al telegiornale delle 7 e mezza. Ho sentito che dicevano “multinazionale che lavora in Trentino chiude”, senza dire il nome. Solo dopo abbiamo scoperto che non potevano farlo perché Whirlpool è quotata in borsa. Ho detto a mio marito: “Siamo noi?”. Lui mi ha guardata e mi ha risposto: “Per forza siamo noi, non ce ne sono altre”.

Qual è stata la vostra reazione?

Fino all’ultimo non ci si voleva credere, anche se c’era stata l’avvisaglia della settimana prima sul piano di ristrutturazione. In fabbrica il clima era surreale. Proviamo rabbia e paura, ci sentiamo con le mani legate.

Adesso cosa vi aspettate dalla difficile trattativa con l’azienda?

Da quello che ho capito siamo ancora in alto mare, non c’è nulla di deciso, non c’è un accordo.

Ha la speranza che Whirlpool possa ripensarci?

Questo no, hanno deciso non tornano indietro. Quello che si spera è che si possa trovare qualcuno che venga a investire qui. Speriamo perchè quando senti colleghi che sono già in mobilità, che sono iscritti alle agenzie interinali ma nessuno li chiama, non hanno lavorato un’ora negli ultimi 6 mesi, ti assale la preoccupazione.

In questi anni, lei o suo marito, avete mai pensato di cercare un altro lavoro?

No, non l’abbiamo mai pensato. È vero che dal 2007 in poi è stata un’agonia, ma non pensavamo che si arrivasse alla chiusura. O forse non si vuole pensarci.

Come l’avete detto ai vostri figli?

Il grande sa tutto, ha 14 anni. Il piccolo sa e non sa. Al momento non siamo qui disperati, cerchiamo per quanto possibile di tenere in piedi una normalità.

Com’è stato lavorare in questi giorni?

Io questa settimana sono in ferie. Lunedì sono stata all’assemblea, sei in ferie ma la testa è lì. Questa è una cosa che ti cambia la vita. Non so come sarà tornare al lavoro. Speriamo che sia come dicono, lavorare almeno fino a dicembre. E poi c’è il problema dell’indotto, i ragazzi della mensa, delle pulizie, speriamo che la Provincia riesca a trovare un accordo anche per loro.

Lei sarebbe pronta a cambiare lavoro?

Io sono pronta a mettermi in gioco, non ho nessun problema. Finito un capitolo, si spera che se ne apra un altro. Quando si hanno una famiglia e degli impegni, il mutuo per la casa, si è pronti a tutto.

Come cambierà la vostra vita, in questa prospettiva di incertezza?

Alle ferie quest’anno avevamo già rinunciato prima ancora di sapere della chiusura. Già avevamo tirato indietro, la pizza tutti i sabati per esempio. Se prima si faceva poco adesso non si fa per niente.

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