«Vuole importare lo stile Formigoni»
Pinter: «Grisenti chiude al Pd? Bene, anche noi: impallidisco di fronte all’idea di dare più spazio a sanità e scuola private»
TRENTO. «Il Grillo del Trentino? Lasciamo stare. Magari Grisenti ci crede pure. Il che è abbastanza sorprendente, nella gran voglia di volti nuovi dei nostri giorni...». E ride, Roberto Pinter, nel commentare il varo di Progetto Trentino. Ma si fa subito serio quando si tratta di passare alle proposte del nuovo partito. Sulle quali, archiviata in fretta la chiusura al Pd con una formula a specchio («Non vogliono fare nessuna alleanza con noi? Mi fa piacere, neppure noi con loro»), il giudizio è drastico. E passa per quella che il responsabile enti locali del Pd definisce «nostalgia di un modo di fare politica che speriamo appartenga al passato». Quello cioè che vedeva (vede?) gli amministratori locali puntare su rapporti privilegiati con l’assessore provinciale di turno, o con lo stesso presidente della giunta: rapporti da riattivare di volta in volta in occasione di questioni riguardanti i propri territori.
«Da questo punto di vista l’idea di abrogare le Comunità di valle non è affatto casuale - afferma Pinter - nella base “grisentiana” che era nella sala dell’Interporto, persone ovviamente rispettabilissime, ho visto tanti amministratori di piccoli Comuni, o all’opposizione nelle Comunità, che mugugnano conto le gestioni associate e mal sopportano la nuova stagione che abbiamo cercato di far partire, quella della condivisione dei problemi in maniera unitaria da parte dei territori, senza scorciatoie di favore». La responsabilità spesso non facile, insomma, di intraprendere scelte comuni su investimenti e infrastrutture, ragionando poi con logica di perequazione nel confronto tra i Comuni all’interno delle Comunità. Il che, afferma Pinter, «è esattamente cioè che Grisenti ha sempre detestato: per lui dev’essere invece l’assessore provinciale ad avere in mano il bandolo della matassa, anzi, i cordoni della borsa». Un processo, quello del decentramento dalla Provincia verso l’ente intermedio, che anche secondo Pinter è tutt’altro che concluso. Ma quella è la direzione: «Se spostassimo ancor più i poteri verso i territori, in maniera più radicale, faremmo davvero un grosso favore a tutti».
E poi c’è il “modello Lombardia”. Che nelle prospettive di Progetto Trentino Pinter vede stagliarsi con chiarezza: anche per via della presenza l’altro ieri all’assemblea “grisentiana” del consigliere provinciale Walter Viola, da sempre vicino a Comunione e liberazione e alla Compagnia delle Opere. «Hanno parlato chiaramente di due precisi punti tematici: un maggior ruolo dei privati nella sanità e un maggior spazio alle scuole paritarie: due punti peraltro sui quali il Trentino non è mai stato particolarmente intransigente in senso opposto, dando sempre spazio alle convenzioni e favorendo la crescita delle istituzioni scolastiche private». Un passo indietro del pubblico in favore dei privati: eccola, la ricetta Formigoni, «che in Lombardia ha portato al disastro totale del sistema, all’insegna del connubio tra affari e politica. Impallidisco di fronte a questa proposta, in un momento in cui la crisi richiede ancor più un sistema pubblico garanzia di equità: mi auguro che si tratti solamente di un’uscita infelice».
Pinter a Progetto Trentino attribuisce comunque un merito: che è, paradossalmente, quello della chiarezza nel collocarsi in opposizione al centrosinistra autonomista. Diverso ovviamente il giudizio sull’esito positivo di tale scelta: «Tutti si aspettavano un nostro magro risultato alle politiche, specialmente nei tre collegi del Senato: speravano di “scomporci” creando un centro allargato al centrosinistra, ma senza ali estreme. E all’insegna del pragmatismo efficientista incarnato da Grisenti. Ma così non è stato. E non solo in Trentino, ma in tutta Italia. Non c’è spazio per un progetto del genere, né qui né altrove. E credo che molti, tra coloro i quali domenica erano all’Interporto, lo abbiano capito bene».
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