Voodoo, schiavitù e stupro condannato a dodici anni 

Il nigeriano era stato denunciato da una sua connazionale. Pene più lievi  per la coppia (con permesso per motivi umanitari) che da tempo vive in regione



TRENTO. Riduzione in schiavitù, violenza sessuale e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di donne da poi sfruttare come prostitute. Ad unire tutto dei riti ju-ju (è il voodoo nigeriano) che terrorizzavano le donne rendendole di fatto disposte a far qualsiasi per chi aveva acquisito con la magia un potere su di loro. Accuse pesanti quelle che hanno portato alla condanna a 12 anni per Lawrence Saribo, nigeriano 40enne , che era finito in un indagine della sezione di pg e della mobile della polizia di Trento sulla tratta di esseri umani. Assieme a lui anche la sorella Oliva Atuma, 31 anni residente a Merano assieme al marito Justice Ehiorobo, 28 anni, entrambi con permesso di soggiorno per motivi umanitari. I due (avvocati Marta Schiavo e Matilde Grezelin per la donna, Nicola Zilio per l’uomo) hanno patteggiato 3 anni e 8 mesi. Coinvolto anche un altro fratello, Harrison Atuma che in abbreviato è stato condannato a 3 anni. Assolto, un altro congiunto, il fratello, Andrea. Le accuse, in fase di indagine, erano le stesse per tutti. C’è la riduzione in schiavitù, la violenza sessuale e la tratta di esseri umani. Questa accusa è diventata favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed è l’unico reato per il quale sono stati condannati Oliva Atuma, il marito Justice e il fratello Harrison, che sono stati scarcerati opo avera pssato circa un anno in cella. Caduta anche l’ipotesi accusatoria che vedeva il gruppo trasformato in un'associazione a delinquere di carattere transnazionale.

La posizione più pesante è quella di Lawrence Saribo perché è stato riconosciuto colpevole di stupro sulla donna che lo aveva denunciato e anche di riduzione allo stato di schiavitù. Fatti che sarebbero avvenuti in Libia. Si perché questa storia inizia in Nigeria, continua con un allucinante viaggio attraverso l’Africa e la terrificante sosta in Libia. E poi l’ultima tratta per arrivare in Italia. Il trasferimento nei centri d’accoglienza e poi l’ingresso - aveva raccontato - nel mondo della prostituzione. Da sfruttata. L’indagine era nata nel 2016 quando una giovane nigeriana si è confidata con delle persone che lavoravano nel centro di accoglienza dove si trovava dopo il fortunoso sbarco in Sicilia. Nel corso della sua testimonianza la donna aveva spiegato agli investigatori le modalità di reclutamento in patria delle giovani donne, il trasferimento in Libia, il viaggio verso l'Italia. In mezzo le privazioni, le minacce, le violenze sessuale. Come lei tante altre le nigeriane coinvolte nel traffico. Le ragazze, tutte dai 20 ai 30 anni venivano reclutate in Nigeria con la falsa promessa di un lavoro in Europa, venivano sottoposte a rito voodoo, in modo che fossero vincolate al pagamento del debito (30mila euro), delle spese per raggiungere l'Italia. Un rito che legava le giovani sia fisicamente che psicologicamente, un rito che «gioca» su credenze radicate in Niger. E se le ragazze non si adeguavano a quanto veniva chiesto loro, ecco le minacce di morte sia per loro che per i familiari.

Per la donna che aveva denunciato il gruppo e che si era costituita parte civile, è stata decisa da parte del giudice una provvisionale come risarcimento di 25 mila euro. La richiesta della vittima era di 50 mila euro.

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