Vitalizi, c’è l’intesa sull’età pensionabile
L’assegno a 66 anni: chi lo vorrà già a 60 subirà riduzioni del 2% per ogni anno d’anticipo. Cumulo, tetto di 9000 euro lordi
TRENTO. Che le cose sarebbero andate per le lunghe lo si è capito verso le 13, quando uno degli assistenti di Diego Moltrer è uscito dalle stanze del presidente del Consiglio regionale per rientrarvi una mezz’oretta dopo, reggendo una borsa di plastica stracolma di panini imbottiti. Niente pausa pranzo, per accelerare i tempi. Si fa per dire, visto che la riunione dell’Ufficio di presidenza iniziata poco dopo le 10 si è conclusa solo alle 16. Sei ore dunque, dopo le quattro di lunedì scorso, che sono servite tutte per appianare le divergenze sulle questioni ancora aperte della riforma delle pensioni dei consiglieri regionali. A remare contro, pare in solitaria, Veronika Stirner Brantsch della Svp: che infatti, uscita un attimo dalla riunione verso le 14.30 per recarsi in bagno, ai cronisti in attesa rispondeva con un eloquente «è difficile, difficile...».
I nodi risolti. Alla vigilia della riunione di ieri, quello principale riguardava l’età per poter percepire il vitalizio. Alla fine è passato il compromesso che ieri su questo giornale sembrava suggerire anche il presidente della giunta Ugo Rossi: abbattimenti permanenti dell’assegno per chi decidesse di usufruirne prima del compimento dei 66 anni. La proposta in realtà è da attribuire a Pietro De Godenz dell’Upt e funziona così: assegno pieno per chi avrà 66 anni, che diventa così l’età fissata per legge per maturare il diritto al vitalizio, ma possibilità di anticipo con riduzioni però del 2% per ogni anno, con limite minimo di 60 anni. Chi insomma vorrà disporre del vitalizio a 60 anni invece che a 66, lo riceverà decurtato del 12% (il 2% moltiplicato per i sei anni di anticipo): una misura sufficientemente pesante, confida Moltrer, per dissuadere chi volesse precorrere i tempi. Quando si parla di assegno pieno, lo si intende comunque dopo il ricalcolo, cioè la riduzione del 20% partendo dal lordo: stima Moltrer che alla fine la cifra base, al netto, ammonterà a 2.350-2.400 euro. Risolta anche la questione del cumulo, cioè la possibilità per ex consiglieri che hanno ricoperto anche cariche parlamentari di ricevere trattamenti previdenziali relativi ad entrambi i mandati. Andava individuato un tetto, che l’Ufficio di presidenza ha fissato in 9 mila euro lordi: il che significa che chi dovesse godere dal parlamento di un vitalizio di 7 mila euro, dal Consiglio regionale ne riceverà comunque non più di 2 mila anche se in teoria gli spetterebbe una cifra maggiore. L’ultimo punto di domanda riguardava l’ipotesi, forse residuale ma comunque da considerare, di restituzione dell’anticipo giù percepiti nel caso in cui questo fosse stato già speso, in parte o del tutto: in questo caso per l’ex consigliere sarà possibile optare per abbattimenti sugli assegni complessivamente pari alla somma non restituita.
Lo scontro politico. Definirlo così è forse usare un aggettivo fuori luogo: l’impressione dei componenti trentini dell’Ufficio i presidenza (Moltrer, De Godenz e Walter Viola di Progetto Trentino) è infatti che la ferma opposizione della Stirner Brantsch non rappresenti molto più che se stessa: i suoi colleghi di partito, il vicepresidente Thomas Widmann e Florian Mussner, non hanno infatti sollevato particolari eccezioni. Ed è comunque significativo che i tre esponenti della Svp, alla fine, abbiano lasciato gli uffici di Moltrer ognuno per conto loro, alla spicciolata. Non c’è comunque stato un voto formale sui contenuti del provvedimento, spiega Moltrer: avverrà alla prossima riunione dell’Ufficio di presidenza, quando finalmente sarà pronto anche un articolato del disegno di legge.
Le prossime tappe. La prima consiste appunto in una nuova riunione dell’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale: avverrà lunedì prossimo, probabilmente la mattina. Quella sarà la sede per una deliberazione formale dell’organismo sul ddl, che poi verrà girato ai capigruppo regionali, che si incontreranno mercoledì 21 (giorno di convocazione del Consiglio). Toccherà poi a loro confrontarsi sulle singole, eventualmente integrando o modificando il testo che verrà licenziato dall’Ufficio di presidenza. E ovviamente non è detto che alla fine a sottoscrivere il testo siano tutti i gruppi. D’altra parte l’unanimità della proposta non è di per sé garanzia di qualità di un provvedimento: lo dimostra proprio la famigerata legge regionale 6/2012 da cui è originato l’intero scandalo delle pensioni d’oro, quella sì con in calce le firme di tutti i capigruppo. Auspica Moltrer che l’approdo in commissione del disegno di legge (con relazione esplicativa) possa così avvenire il 3 giugno, con esame dell’aula e voto finale entro lo stesso mese. Stiamo a vedere: trattandosi di stipendi dei consiglieri, non è mai detta l’ultima parola.