«Vieni via con me» quando la televisione diventa un caso
Non sono bastati 9 milioni di spettatori e il 30% di share, in una sola delle quattro puntate, per garantire a "Vieni via con me", la trasmissione tv condotta da Fabio Fazio e Roberto Saviano, il replay quest'anno dopo l'esordio dello scorso novembre. La Rai sembra proprio non esserne interessata, nonostante gli incassi pubblicitari assicurati. "Un caso", come, d'altra parte, quello di "Annozero" di Santoro, di cui si discuterà questo pomeriggio alle 17 a Rovereto (auditorium Melotti). È uno degli appuntamenti del festival "Futuro Presente". Sul palco, per parlarne, alcuni dei bei nomi del mondo televisivo. Di quelli che stanno dietro le quinte e che le parti "in commedia" le scrivono a tavolino: Marco Posani, uno degli ideatori di "Zelig" ma anche, in precedenza, autore di "Drive In" e, successivamente, di "Quelli che il calcio", "Che tempo che fa" e di "Glob-L'osceno del villaggio" di Enrico Bertolino; Pietro Galeotti, da sempre uno degli autori di punta di Fazio; il regista Duccio Forzano, un altro del team del conduttore ligure. Completerà il parterre il comico Antonio Cornacchione che del premier Berlusconi, ad esempio, ha fatto parodia e maschera di successo. Saranno inoltre presentate due testimonianze video di Fabio Fazio e Michele Serra, tra gli autori del programma. Fazio ha già detto che "Vieni via con me" lo farà da un'altra parte, magari su La7, rete che si sta guadagnando i galloni, sul campo, di servizio pubblico. Saviano ha dichiarato che «la Rai ha paura di "Vieni via con me". Ha preferito non parlarne». In una Rai "serva di un solo padrone", deus ex machina della concorrente Mediaset, sia Fazio che Saviano, come Michele Santoro, Giovanni Floris, Milena Gabanelli, sono certo voci fuori dal coro, non rientrano nel mainstrean alla Minzolini e Ferrara. Però fanno ascolto, e tanto, e convogliano fior fiore di pubblicità, e di questi tempi non è poco. Ma non basta, non stanno dalla parte "giusta", esercitano il diritto/dovere di informazione, critica, confronto. Non sono supini al potere, servi sciocchi. Qui siamo ben oltre la lottizzazione, che se non altro proponeva una pluralità di posizioni. Ma all'occupazione, manu militari, del piccolo schermo, alla logica del "non fare prigionieri". E per "Vieni via con me" c'è un elemento in più, patente di pericolosità. La scelta di coinvolgere il pubblico, invitato a spedire per e-mail gli elenchi, di qualunque tipo, dai più leggeri ai più pesanti (i lavori che ho dovuto fare da precario, i rifiuti che ho trovato sul marciapiede, ad esempio) per poi leggerli in diretta. Il coinvolgimento, la partecipazione, ciò che di quest'Italia funziona come quello che non va. Uno spazio di libertà, una boccata d'aria fresca. Nonostante un Fazio che nel suo "Che tempo che fa" recita ormai troppo spesso il ruolo del "genuflesso" all'ospite di turno. O quell'aria da guru di Saviano che risulta imbarazzante più che mai. E pensare che i picchi d'ascolto, oltre 10 milioni di spettatori, si registrarono quando Fini (Futuro e libertà) e Bersani, segretario del Pd, lessero gli elenchi sui valori della destra e della sinistra. Polemiche furibonde del centrodestra, della cui casa Fini aveva sbattuto la porta. Sino a riuscire a portare sul palco il leghista Maroni. Di tutto ciò, e di altro ancora, certo discuteranno gli ospiti di "Futuro Presente". Di un servizio pubblico ormai regno della sola fiction, dell'intrattenimento spesso volgare in concorrenza "virtuosa" con Mediaset, svuotato di qualsiasi contenuto, anche di buoni film (sempre più rari). In altre parole, spesso e volentieri, inguardabile. Quando poi si staglia all'orizzonte qualche baluginio di "intelligenza" il corpo a corpo, con conseguente espulsione, sembra ormai essere l'inevitabile modus operandi. D'altronde, nel novembre scorso, qualcuno si chiedeva se, davanti all'evento "Vieni via con me", la fiction "Tutti i padri di Maria", con Lino Banfi, sempre sulla Rai, non rischiasse di soccombere. Proprio lui, Banfi, riesumato ormai da anni come Nonno Libero dopo decenni di giovanili, e orrende, commedie pecorecce. Un po' come, sull'altro versante e fronte, l'Alvaro Vitali ritirato fuori dalla spazzatura cinematografica dagli esegeti Stracult alla Marco Giusti. Ma i tempi, forse, stanno cambiando.
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